Vincent Van Gogh, la sua storia racchiusa fra arte e psicologia
Vincent Van Gogh nasce il 30 marzo 1853 (in Olanda). Lo stesso esatto giorno in cui un anno prima la madre vide nascere morto il proprio bambino (si chiamava Vincent), lutto che la madre non superò mai completamente. Questo infestò la normale infanzia che l’artista non poté mai vivere. La sua unica colpa era di esistere e, purtroppo, ebbe inizio il malessere interiore del pittore.
Durante l’infanzia viene descritto dalla sorella come un ragazzo introverso, solitario e che trovava rifugio nella natura. Vincent ha sofferto di diversi disturbi mentali. Questi furono in grado di influenzare il suo normale funzionamento psichico quali schizofrenia, epilessia, sifilide, iper-grafia, depressione maniacale, paranoia, sindrome di Geschwind e ipoteticamente autismo (secondo nuovi studi persino disturbo bipolare e personalità borderline).
La sua idea era quella che un’opera per essere compiuta/scritta/disegnata ha bisogno di quella specifica biografia (che definisce l’universo dell’artista). Van Gogh infatti rappresenta la realtà attraverso l’espressione del suo io interiore, che come possiamo comprendere dalla sua breve vita, è un io sofferente.
Da uno zio pittore impara ad usare la tavolozza, dato che lui sapeva unicamente disegnare.
Vincent si lega però ad una prostituta che dipinge più volte i quadri come “sorrow”, ma che lo porterà a perdere il sostegno di suo padre, di suo zio e del fratello. In seguito smetteranno di sostenerlo economicamente. Torna a vivere col padre in Olanda, nella parrocchia dove esso fa da pastore.
Nel 1879 si reca in Belgio, nelle miniere del Borinace, dove si prende cura dei malati e predica la bibbia ai minatori, decidendo di vivere come loro in povertà e dormendo in una baracca. Esperienza che lo portò a dipingere alcune delle sue più famose opere quali “i mangiatori di patate”.
Vincent Van Gogh, di fatto inizia a dipingere solamente a 26 anni. In poco più di 10 anni di esperienza come artista, produsse indicativamente 900 dipinti e 1100 disegni, che lo sostennero poiché come disse lui “l’arte è disciplina consolatoria per cuori sofferenti”.
Nel 1888 si trasferisce ad Arles dove decide di fondare una comunità di pittori, probabilmente riproduzione dell’idea vissuta con il padre pastore in età infantile. Qui invita il pittore da lui molto ammirato Gauguin, per cui nutre profondo rispetto e da cui crede di poter imparare molto. Inizialmente la convivenza sembra funzionare ma in seguito il rapporto si rivela non facile a causa dell’incompatibilità di carattere e delle frequenti discussioni.
Un importante evento nella vita dell’artista avviene nel 1889, quando Van Gogh, si pensa in preda alle allucinazioni si taglia l’orecchio sinistro. In seguito decide di spedirlo a Rachele, prostituta che sia lui sia l’amico Gauguin apprezzavano molto.
Durante tutta la breve vita di Vincent possiamo rimarcare lo stretto rapporto che ha con il fratello Teo, più piccolo di sei anni, legame che ancora ad oggi può essere testimoniato dalle oltre 600 lettere inviate al fratello.
Durante tutta la sua vita Van Gogh, ha un particolare rapporto con il colore giallo, colore che simbolicamente rappresenta il colore del sole. È un colore vitale ed esprime gioia.
Il rapporto particolare che ha con questo colore lo portò addirittura a mangiarne la pittura, nella speranza che questo gli avrebbe portato felicità. Un altro importante aspetto correlato a questo colore è l’idea che il colore giallo possa ricordargli l’assenzio, bevanda alcolica da cui lui era senza dubbi dipendente.
Dopo una breve vita di sofferenze, muore il 29 luglio 1890 alla giovane età di 37 anni, si pensa per suicidio, si pensa per omicidio.