Verso la fotografia naturalistica
L’impatto del lockdown
Mentre cresce in me la curiosità verso lo strumento fotografico, arriva il Covid. Con il lockdown devo abbandonare il mio sfogo sportivo: la piscina in pausa pranzo o al mattino prima di recarmi al lavoro. L’unica possibilità offerta dalle misure restrittive imposte dal governo sembra essere camminare.
Comincio a introdurre nelle mie pause pranzo e nei fine settimana, lunghe passeggiate nella natura: dai parchi cittadini alla collina Torinese, aumentando sempre più le distanze e riconquistando il gusto della natura ed il desiderio di tornare in montagna.
Fin da ragazzino ho sempre amato la natura e gli animali in particolare. Messo di fronte alle scelte della vita, ho scelto di dare precedenza ad altri aspetti che ritenevo più importanti. Così gli studi prima e la famiglia ed il lavoro poi, hanno via via sottratto tempo e spazio a questa passione originale. Ma si sa, il lavoro e la famiglia possono dare grandi soddisfazioni ma possono anche essere fonte di tensioni e preoccupazioni, il tempo da dedicare a sé è sempre poco e le cose che si vorrebbero fare sempre molte.
La passione per la natura e gli animali è quindi rimasta a lungo sopita sotto la mole di impegni e priorità. Un piccolo incidente durante una scalata aveva sancito la fine delle mie avventure in montagna. Il lockdown era riuscito a risvegliare quella passione, ma al momento restavo bloccato nelle mie paure e limiti, soprattutto mentali.
Un’incontro inaspettato
Una sera, in attesa di recuperare una figlia dalla discoteca, sto fotografando le bellezze di Torino. Sono in un posto tranquillo in collina, ed all’improvviso da sotto una siepe, con circospezione, esce un meraviglioso Tasso. Il simpatico ospite si avvicina cautamente annusando ed esplorando la zona intorno a me ignaro della mia presenza. Lo osservo e seguo con lo sguardo ma al mio primo movimento, con conseguente rumore, corre a nascondersi nuovamente. Da quel momento, comincia a farsi strada il desiderio di fotografare la bellezza della natura ed in particolare degli animali nel loro contesto. Ai tutorial sulla tecnica fotografica e sulla composizione comincio ad affiancare sempre più la ricerca di contenuti inerenti la fotografia Naturalistica.
Il timore di ricominciare
Appena consentito dalle restrizioni, avrei voluto scappare in montagna a cercare fauna selvatica e panorami meravigliosi. Sognavo e fantasticavo situazioni come quelle che avevo iniziato ad ammirare nelle immagini dei fotografi che iniziavo a seguire. Ero timoroso che tutto fosse “troppo” per me, era passato tanto tempo dalle ultime uscite in montagna. Non sapevo da dove ricominciare per scegliere i sentieri e le mete.
Una polenta in rifugio: la svolta
Una Polentata in rifugio con amici ha sbloccato i miei timori creando l’opportunità che stavo cercando. Il rifugio si trovava in una zona nota per essere molto frequentata dagli stambecchi.
Raggiungerlo con amici che conoscevano il percorso mi ha permesso di definire un punto di partenza per le mie esplorazioni successive. Da quel giorno ho cominciato a frequentare quel luogo, in solitaria, con l’aiuto di un app di orientamento che già usavo sui sentieri della collina. Ho cominciato ad esplorare di volta in volta qualche nuovo tratto, qualche sentiero nuovo, qualche meta diversa. Ho cominciato a conoscere sempre meglio il territorio e me stesso, prendere confidenza con le mie possibilità e ricominciare a godere della natura. Man mano che cominciavo a conoscere il luogo e che moltiplicavo le occasioni ed il tempo passato in montagna si sono presentate anche le occasioni di incontro con gli animali. Incontri inizialmente fortuiti, casuali e spesso conditi dall’incapacità di riconoscere cosa mi trovavo davanti.
Di quel primo periodo ho ricordi fotografici prevalentemente legati a fotografia di paesaggio. L’obiettivo che avevo, prestato insieme alla reflex dal mio amico e collega, non era adeguato a fotografare gli animali come sarebbe piaciuto a me. Potevo iniziare, se avevo fortuna anche inquadrarli bene, ma spesso avrebbe richiesto di avvicinarli troppo, facendoli scappare e manifestando un disturbo che non volevo portare. Avrei avuto bisogno di un’attrezzatura più prestante, una delle malattie congenite del fotografo, il delirio tecnologico, stava per assalirmi. Ma questa è un’altra storia.