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Quando “sup.” è meglio di “min.” – una questione di feeling

Per 35 anni ho esaltato e difeso, anche contro evidenze talvolta imbarazzanti, l’unicità, le peculiarità e le particolarità degli alberghi, soprattutto in Nord Italia. Non riuscivo a comprendere come spesso i turisti, soprattutto di lingua tedesca, avessero sempre qualcosa da ridire. Non capivo perché non si sforzassero di godersi la vacanza, fatta di attrazioni naturali e culturali, di clima e cucina, ma fossero sempre irritati per qualcosa che, ai miei occhi, era davvero una sciocchezza se paragonata a tanta bellezza e completezza.

Recentemente sono stata a Paderborn per lavoro. La giornata si era preannunciata triste e opaca sin dal suo inizio e, forse anche per questo, ho potuto apprezzare l’hotel che mi ha ospitata. Si trattava di un Ibis, una struttura che si definisce 2 stelle sup. Ecco, è quel sup. che mi piace, perché questi alberghi sono senza pretese, sinceri: dichiarano di non avere nulla più dello stretto necessario (bagno con doccia, sapone e gel doccia/shampoo, phon, asciugamano/telo doccia, tappetino da bagno, bicchieri, letto comodo, prese elettriche, riscaldamento/aria condizionata, acqua calda/fredda, ampia finestra, televisione, telefono).

Ma la cosa che più mi serve, in questi frangenti e in questa stagione soprattutto, è il garage sotto l’hotel.

Quella mattina avevo tempo, perché il mio impegno era alle 15:00. Così chiesi e, gentilmente, mi fu chiarito che potevo usufruire della mia camera fino alle 12:00, del garage fino alle 15:00 e della hall fino a quando ne avrei avuto bisogno. Mi sono sentita ospitata con piacere, accudita e a mio agio, con tutto a disposizione.

Sta qui la differenza: questo Ibis, come gli altri che mi hanno accolta sinora, è molto sup. e poco 2.