Quando la narrativa promuove i rapporti tossici
In questi giorni, mi hanno etichettata più volte con il termine di “femminista”. Sarà stato per gli argomenti sui quali mi sono soffermata e che mi piace trattare o le live che ogni mercoledì, alle ore 21,00, trasmetto sulla piattaforma TWITCH, sul canale di “The Digital Moon”, o i messaggi che vorrei inviare alle mie amiche donne e, per i quali, uso il mio corpo. Fatto sta che, ad oggi, mi ritrovo l’etichetta di “femminista”!
Non mi sono mai piaciute le etichette. C’è stato il periodo in cui mi hanno detto di “essere politicamente di destra”, a causa del mio carattere molto forte e deciso (pensiero fatto sparire alla velocità della luce, ovviamente!). Poi, è subentrato quello dell’essere “animalista”, perché amante degli animali. E tutta una sfilza di termini che neanche ricordo più! Quello che, ad oggi, ripeto, sento maggiormente è, appunto, “femminista”.
“Essere femminista” ha una definizione molto precisa. Ed il suo significato è da ricondurre al “femminismo”, cioè il movimento di rivendicazione dei diritti delle donne.
Negli anni, però, si è un po’ troppo enfatizzato. Lo si usa praticamente per tutto, anche quando vorremmo sostenere una donna ferita da una relazione finita male (e non per forza tossica!).
“Essere femminista”, oggi, significa sposare tutto ciò che le donne dicono e fanno, a prescindere da tutto. E, aggiungerei io, senza avere un minimo di pensiero proprio!
È anche per questo che non mi piacciono le etichette.
Ho un mio modo di pensare ed una cultura che mi permette di prendere una posizione netta in qualsiasi situazione. E, qualora non dovessi conoscere l’argomento in questione, mi informo. Ma credo fortemente che andare a favore di qualcuno o qualcosa, senza logica né tantomeno un briciolo di autocritica, critica e buonsenso, sia alquanto pericoloso. Soprattutto, quando si parla di diritti, libertà, ecc…
Una premessa doverosa, oserei dire d’obbligo, in un panorama di disagio che la metà basta ed avanza!
In un contesto sociale dove sta accadendo davvero di tutto, tra violenze, guerre e costruzioni di ponti sullo Stretto. Dove la correttezza, il buonsenso, la responsabilità etica, l’onestà, il rispetto, sono valori insignificanti. Valori persi nel tempo anche a causa di persone tossiche, con problemi relazionali e comunicativi. Si sta prospettando una società che andrebbe totalmente riformata, con una politica assente ed istituzioni, come la famiglia e la scuola, che arrancano miseramente. Il senso di comunità è andato da un bel pezzo; ora il centro, il perno di tutto è “me stesso”, ma nel concetto più negativo e, appunto, tossico che possa esistere.
Stiamo crescendo ragazzi che non conoscono la costruzione di sé stessi, l’accettazione del rifiuto, l’educazione al rispetto verso l’altro e l’ABC della vita.
Abbiamo donne che, per insicurezza personale, cercano di distruggere l’altra, perchè cambiare sé stesse e la propria vita risulterebbe spendere troppo sacrificio.
Esistono uomini che, ancora oggi, credono che la donna debba stare a casa, a fare la maglia e crescere i figli, senza alcuna realizzazione personale e lavorativa. Spendono il loro tempo tra lavoro, calcetto e foto di donne nude che girano nei vari gruppi WhatsApp e Telegram.
In un panorama del genere, dove c’è davvero di tutto, la maggiore preoccupazione è una: come rendere una vita di inferno agli uomini!
Già! Avete letto bene!
“Siate stronze. Siate cattive. Siate spietate.
(trama di “101 modi per far soffrire gli uomini”)
Consigli pratici, trucchi e tecniche per riuscire a farlo soffrire
Prima regola del Fight Club: non dimenticare, mai!
Le donne troppo spesso dimenticano che il maschio è un animale imperfetto e che, anche quando è innamorato, tradisce, ferisce e ha sempre qualcosa da farsi perdonare. Qualsiasi donna ricorda, nel suo passato sentimentale, almeno una ferita da parte di un uomo e avrà desiderato, anche solo per pochi attimi, ricambiare il favore. Non basta essere stronze. Bisogna imparare a essere cattive. Questo manuale vuole dare una risposta alla sete di vendetta della femmina ferita, attraverso consigli pratici, tecniche utili e qualche trucco poco educato per riuscire a farlo soffrire, colpendolo là dove fa più male in 101 modi crudeli e spietati, ma meritati.”
Si chiama “101 modi per far soffrire gli uomini” ed è scritto da Daniela Farnese. Lo si può trovare su Amazon, dove le recensioni non sono poi tutte così positive. Questo mi rincuora e non poco!
Sopra, la trama del libro. Praticamente spiega come essere una stronza, a vari livelli. Non è importante, infatti, sapere il motivo per il quale lo fai, se per conquistarlo, dominarlo, come avvertimento per i suoi comportamenti sbagliati o per vendetta. Quello che conta veramente è farlo soffrire, in prima battuta con modi dolci e sottili, poi con metodi più intensi, qualora il malcapitato abbia fatto soffrire la dolce donzella, ferendole il cuore e facendole naufragare i suoi sogni di principessa nel castello incantato.
Il manuale della “perfetta stronza” elenca le quattro fasi, che si differenziano per crudeltà. Si arriva alla vendetta, dove la fase dell’inferno prende una piega ancora più “infernale”.
La guida lo spiega molto bene. Elenca metodi come eliminare i file del suo computer, cancellargli la rubrica dal cellulare, versare bevande zuccherate sulla tappezzeria dell’automobile, lasciare un po’ di colla sul volante, spegnere la sigaretta sui sedili, buttare l’iPod nel water, vendere su eBay il suo pallone totemico firmato da qualche stella del calcio, sputtanarlo, far girare la voce di una disfunzione erettile. Lo stesso indica dettagliatamente anche cosa fare in caso di convivenza, come la chiusura delle utenze, ad esempio. Staccare acqua, luce, gas, linea telefonica, Adsl ma soprattutto interrompere l’abbonamento a Sky.
Costringerlo a lottare contro un frigo che si sbrina e ad “occupare il tempo che non passa più con noi in fila alla posta per spedire le numerose raccomandate che gli permetteranno di poter di nuovo accendere la tv e farsi una doccia”. Ed ancora, inscenare un malore e farsi portare al pronto soccorso quando c’è la partita, dirgli che non è vero che le dimensioni non contano, diventare come sua madre, tirargli una gomitata a tradimento a letto quando si è appena addormentato. Insomma, qualunque sofferenza si possa infliggere, è ben accetta!
In questi 101 modi non esiste pietà, né salvezza per il malcapitato, ma sono previsti dei premi quando il fidanzato, l’amante, il marito inizia a comportarsi bene. Ma, appena si lascia andare ad eccessivo egocentrismo, l’autrice consiglia l’applicazione del punto ventotto: il massacro dell’autostima. Cosa prevede? Intensificare i suoi difetti, mettere in risalto i suoi fallimenti, fargli domande tipo: “Ma stai perdendo i capelli!?”. E noi donne sappiamo bene quanto gli uomini tengano ai propri capelli!
Il libro si rivolge ad un pubblico adulto, ma non è escluso che possa essere letto anche da un pubblico più giovane. Adolescenti, ragazzi, giovani adulti che, come ben sappiamo, non hanno la ben che minima idea di come ci si possa relazionare in modo sano, costruttivo, positivo.
Non posso non sottolineare come l’autrice si addentri in un territorio oscuro, esplorando dinamiche di relazioni che coinvolgono manipolazione, sofferenza emotiva e vendetta. In questo scenario altamente pericoloso, il libro solleva importanti interrogativi riguardo alle implicazioni di tali tematiche ed alla possibile promozione di comportamenti dannosi.
Il manuale sembra rivolgersi principalmente ad un pubblico di adulti, ma è fondamentale considerare che il contenuto potrebbe attirare anche lettori più giovani. Di quei giovani di cui ho parlato pocanzi! La trama potrebbe influenzare chiunque abbia vissuto il dolore di una relazione fallita o sia stato coinvolto in situazioni emotivamente intense. Per quanto mi riguarda, mi sembra abbastanza rilevante far notare che il libro rappresenta un’estrema e distorta rappresentazione della realtà e delle dinamiche di relazione. Seppur molto diffuse e confuse con il sentimento nobile dell’Amore.
A mio avviso, le ripercussioni di un libro come “101 modi per far soffrire gli uomini” sono complesse e di vasta portata. Il rischio di normalizzare comportamenti manipolativi, narcicisti e di vendetta emotiva (e non solo!) all’interno delle relazioni è davvero molto alto. I lettori potrebbero essere influenzati a credere che tali atteggiamenti siano accettabili o persino romantici, ignorando gli effetti negativi a lungo termine che possono derivarne.
Sottolineo, inoltre, che la narrazione potrebbe contribuire a perpetuare l’idea dannosa che le relazioni dovrebbero essere caratterizzate da conflitti costanti e da dinamiche tossiche. Questo potrebbe portare ad una maggiore tolleranza per comportamenti emotivamente abusivi, minando la salute mentale ed il benessere di coloro che si trovano in relazioni problematiche.
Credo fortemente nella scrittura, nell’arte in generale e, soprattutto, nel messaggio che possono tramandare. Ed io penso che è responsabilità degli autori e dei lettori considerare attentamente l’impatto delle opere letterarie sulla società. Mentre la narrativa può essere un mezzo per esplorare tematiche complesse, è importante tener conto delle conseguenze che potrebbe avere nella promozione di comportamenti dannosi. In un mondo in cui la consapevolezza delle dinamiche di relazione è fondamentale, per prevenire comportamenti violenti e saper allontanare la tossicità, è cruciale approcciare i contenuti che coinvolgono relazioni tossiche con estrema sensibilità ed attenzione.
Tornando, per un attimo, alla mia etichetta di “femminista”, qui dico che prendo le distanze dall’autrice, dal suo libro e da tutte coloro che hanno bisogno di infliggere sofferenza, attuare manipolazione e cadere nella violenza, per instaurare relazioni. Per quanto possa servire una mia presa di posizione in merito, si capisce!
In una società dove la maggior parte di rapporti sono tossici, non possiamo permetterci di contribuire alla diffusione della tossicità.
La conoscete la storia della mela, vero!?
In un cesto di frutta, la mela marcia contaminerà la frutta sana. E questa situazione si ripropone in tutti gli ambiti della vita.
Sembra che “infliggere sofferenza al maschio” sia così essenziale, da esser diventata un’esigenza sociale. Come se fosse una questione di stabilità di equilibri, che ancora, però, io non ho ben compreso!
Ad oggi, in una società dove la violenza è in ogni angolo e sotto tutte le forme possibili, penso che un manuale del genere possa solo alimentarla.
Se un libro come questo ha un impatto sociale così forte, senza che nessuno si prenda la responsabilità dei messaggi che possono passare e, soprattutto, dell’interpretazione degli stessi, allora non possiamo stupirci se siamo circondati di violenza e di tanta, ma proprio tanta, ipocrisia!