Psicologia

“Mi sento invisibile”, come cambiare questo pensiero continuo

Vi siete mai sentiti “invisibili”?

Grazie al mio lavoro ed al mio carattere estremamente empatico, aperto e disponibile, mi capita, ogni giorno, di incontrare tanta gente. È la stessa che, trovandosi davanti una persona alla quale piace ascoltare, molte volte si apre e si racconta, esponendo quelli che sono i suoi problemi.

Non vi nascondo che la frase che sento maggiormente, dalle bocche di tanti è: “MI SENTO INVISIBILE!”.

Durante la nostra crescita, tanti di noi, se non proprio tutti, si sono sentiti così, invisibili, anonimi, trasparenti, dei fantasmi in mezzo a tanti. Potrei paragonare la situazione ad uno spettacolo del circo, dove ci sono trapezisti, giocolieri, acrobati, prestigiatori, equilibristi e tanti altri. Paragonabili alle personalità più “in vista”, i più egocentrici insomma, alle quali piace stare continuamente al centro dell’attenzione, per carattere o per altro e che non permettono ad altri di “emergere”. E, poi, c’è il pubblico, nell’ala più buia della struttura e quelli sono, appunto, gli “invisibili”. Coloro che non amano o che non riescono ad esporsi, che rimangono ai margini, in silenzio, che restano a guardare passivamente, molto spesso dimenticati da tutti.

Oggi, è a loro che voglio dare voce, dedicare la giusta attenzione (nel mio piccolo!).

Come dicevo, siamo stati tutti un po’ “invisibili” durante la nostra vita. Un periodo riconducibile, nella maggior parte delle volte, all’adolescenza. Sappiamo tutti quanto fosse una fase un po’ particolare, fatta di emozioni vissute al massimo, il rischio è praticamente inesistente, ormoni a mille. Gli adolescenti vivono in un mondo tutto loro, dove si inizia a dare importanza all’aspetto esteriore, ai rapporti con gli altri, a crearsi un gruppo, alle uscite, a fare quelle esperienze tanto agogniate da piccoli. È l’età nella quale si consolidano i caratteri. Si vivono i primi amori, si condividono i segreti con gli amici, considerati un aspetto importante ed imprescindibile, si sogna ad occhi aperti.

Ma quanti sono riusciti ad “emergere” nel gruppo? Pochi.

Il carattere si forma da bambini ed è fondamentale dare i giusti esempi a quest’età. Ma, anche a causa di alcuni limiti dei genitori, molti adolescenti non riescono ad “emergere”, ad essere “qualcuno” nella mischia, a riuscire ad essere quel “trapezista”. Quel “giocoliere”, quell’“acrobata”, quel “prestigiatore”, quell’“equilibrista” che attira l’attenzione, formato e sicuro si sé stesso (e non senza sacrifici!).

Quell’onta dell’invisibilità te la porti dietro, anche in età adulta, qualora tu non dovessi riuscire a cambiare qualcosa di te o della tua vita, anche con l’aiuto di un professionista, un esperto che possa illuminarti su ciò che non va ed aiutarti a trovare la tua strada.

Essere invisibili” è una condizione che influenza molto a livello psicologico, scatenando tutta quella serie di pensieri negativi che non aiutano certo a trovare la luce. Si inizia a non piacersi più, quindi ci si trascura. Questo porta, a sua volta, a chiudersi in sé stessi, a non volere più nessuno accanto, né amici né tantomeno partner (se non ci si ama, come si può pretendere di amare un’altra persona!?).

L’isolamento sociale comporta assenza di stimoli, di conoscenze, di occasioni. Essendo l’uomo un animale sociale, non è escluso che queste persone possano, un giorno, sviluppare attacchi d’ansia e di panico. Con il conseguente uso di psicofarmaci e, quindi, con la perdita del controllo del proprio cervello e delle proprie emozioni.

E’ una vera e propria “catena di montaggio”!

Non ho una “cura” a tutto ciò, ovviamente, né la presunzione di poter aiutare tutti (anche perchè non tutti vogliono essere aiutati!). Nè tantomeno ho una bacchetta magica che possa migliorare la vita di chi soffre (magari!).

Ognuno di noi ha il proprio vissuto, il proprio carattere, le proprie idee, educazione, cultura, religione, sessualità. Non siamo fatti con lo stampino, ma siamo esseri diversi (per fortuna!). È facilmente intuibile come tutti noi abbiamo la nostra chiave per uscire dall’invisibilità. Tutto sta nello scoprire cosa ci piace fare, cosa vogliamo fare, senza influenze esterne, possibilmente.

Soprattutto al Sud, infatti, le nostre scelte sono sempre condizionate da ciò che vogliono le persone a noi vicine, la maggior parte delle volte genitori e nonni. Chi non ha avuto una mamma che voleva vederci medico, ad esempio? O un papà che avrebbe voluto che intraprendessimo il suo stesso percorso lavorativo? Tutto ciò, innegabilmente, soprattutto in età adolescenziale, influenza la nostra scelta di essere un qualcuno di “diverso”. Quella “ballerina” o quel “musicista” che alberga in noi, o a dir si voglia.

Ecco che, per compiacere i nostri genitori, ci ritroviamo a percorrere una strada che non ci soddisfa. Ad accettare quel posto fisso che non vogliamo, a sposare quel bravo ragazzo o quella brava ragazza che non ci piace così tanto, in fin dei conti.

Ma come fare quindi?

Il tutto è racchiuso nella forza di volontà!

La forza di volontà è quella spinta interiore a voler dimostrare, per primi a sé stessi, che siamo speciali. A cambiare quel fisico che non ci piace più, ad aprire la mente, ad informarci di più. A realizzare quel sogno chiuso nel cassetto, a coltivare quell’hobby, a renderci indipendenti, ad essere unici!

Non voglio dire che sia facile! Assolutamente no! Anzi!

Cambiare quell’aspetto della propria vita, soprattutto dopo che si è cronicizzato con gli anni, è una cosa difficilissima. Molti sono entrati in quella che io chiamo “zona di comfort”, quel letto “king size” nel quale ci siamo addormentati per non incorrere nei rischi che ci propina la vita.

Il rischio.

È quello che spaventa di più.

Il rischio di conoscere una persona nuova, magari aprirsi e mostrarsi fragili.

Quel rischio di intraprendere un nuovo lavoro, senza sapere a cosa si va incontro.

Il rischio di ribellarsi a quella persona violenta, perché tanto lei o un’altra che cambia?

La paura aiuta a riflettere e su questo sono d’accordo. Bisogna sempre riflettere, prima di fare un passo, ma questo non deve essere una giustificazione per non fare. Chi non fa, non ha la possibilità di vedere come sarebbe andata e si potrebbe perdere un’ottima occasione per dare una svolta positiva alla propria vita.

L’essere invisibili è una condizione che va analizzata in tutte le sue parti, alcune le ho scritte qui ma è ovvio che ogni caso è a sé. Gli “invisibili” sono anche coloro i quali hanno perso tutto, magari al gioco o per un investimento andato male. Ed ora non riescono a rialzarsi, preferendo la vita ai bordi della società.

Gli “invisibili” sono anche coloro che fanno uso di sostanze stupefacenti, perchè non riescono più a gestire la loro vita. Sono quei padri ai quali hanno vietato di vedere i propri bambini. Gli “invisibili” sono tutte quelle donne picchiate, anche davanti i figli. E tanti altri.

Andrebbero analizzate tutte le situazioni, conosciuti i limiti ed i traumi, comprendere le emozioni ed i sentimenti che ne scaturiscono ed insegnare a gestirle, per capire la soluzione adatta ad ognuno. Non possiamo neanche ergerci ad eroi in grado di affrontare qualsiasi problema. Ognuno conosce ciò che sta vivendo e cosa sta provando. Quindi, a volte, se non siamo in grado di affrontare la problematica che si pone davanti, il silenzio è la migliore arma.

Ma chi vuole uscire da quella condizione di invisibilità esiste e c’è anche chi non sa come fare. Per questo, gli psicologi potrebbero essere un’ottima alternativa possibile, coloro i quali ti aiutano ad affrontare tutto ciò che di negativo possa limitare il tuo rifiorire.

Ci vuole tanta forza di volontà per uscire da questa “zona di comfort” e non sempre si riesce da soli, ma non è impossibile. Guardare chi ci è riuscito, ascoltare la sua storia, magari facendosi consigliare, potrebbe essere un ottimo inizio!

Essenziale è non allontanare chi cerca di aiutarvi. Non è escluso, infatti, che queste persone possano allontanare chi cerca loro di aiutarli, covando gelosie ed invidie. In questi casi, bisognerebbe allontanare i sentimenti negativi (la gelosia e l’invidia, appunto!). Alimentare la positività, mettersi in discussione ed iniziare a cambiare qualcosa della propria vita.

Ovviamente, senza pretendere che si possa rivoluzionare completamente, si possono percorrere piccoli passi, così da apportare piccoli cambiamenti. Ad esempio, iniziare a frequentare una palestra o dedicarsi ad attività ludico-sportive.

Può essere un inizio per chi non si sente bene con il proprio corpo. Lo sport, abbinato ad un’alimentazione corretta, può portare a dei benefici entro qualche settimana. Da lì, la strada verso il miglioramento è in discesa. Guardandosi con altri occhi, aumenta la fiducia in sé stessi e si ritrova la luce perduta.

Passare dall’essere invisibili all’essere visibili è possibile. Non siamo soli e chiedere aiuto non è assolutamente una sconfitta, anzi! È il riconoscimento che si vuole migliorare ed il primo passo verso la resilienza.

Spero tanto che il mio articolo porti alla riflessione e, soprattutto, sia da sprone verso chi non è soddisfatto della propria vita. Non sono una psicologa né una mental coach, ma mi piace ascoltare e dare consigli, secondo le mie esperienze e i miei percorsi di vita.

Non nego che ho dovuto intraprendere anche io un percorso psicologico. Soprattutto quando l’esperienza che mi si era presentata davanti era troppo difficile da metabolizzare.

Oggi, dico “GRAZIE!” perchè anche le esperienze negative hanno contribuito ad accendere la mia luce. Per questo, mi metto a disposizione nei confronti di chi non dovesse farcela ed abbia bisogno di un incentivo per ritrovare la luce che ha dentro.

Forza!