Lolita di Vladimir Nabokov: uno sguardo psicologico su Humbert
Lolita, lo-li-ta
Lolita, Lo, Dolores sulla carta scritta
Oggi voglio parlarvi, come avrete intuito, del libro Lolita di Vladimir Nabokov
La trama immagino la conosciate, una storia tra una giovane dodicenne ed un professore trentasettenne di Letteratura Francese.
Non mi soffermerò sulla trama perché potrebbe diventare noioso e perché non voglio spoilerarvi niente. No spoiler nei miei articoli!
Voglio mostrarvi come i libri possono mostrare le dinamiche psicologiche reali delle persone tramite personaggi.
Potremmo fare un’analisi dettagliata della condizione psicologica di Lolita, sarebbe molto interessante, ma purtroppo il libro è scritto dal punto di vista di Humbert e quindi non sapremo mai cosa ha realmente passato la nostra cara Lolita.
Possiamo fare un’analisi psicologica superficiale dai racconti di Humbert ma non sarebbe veritiera, in quanto dopo aver letto il libro, posso affermare che lui ha una visione totalmente distorta della vita.
Quindi ho deciso di fare un’analisi psicologica del personaggio di Humbert.
Possiamo notare subito una doppia personalità, da un lato un uomo intelligente, colto, acculturato, di buone maniere e gentile, dall’altro lato una adoratore di ninfette.
Per chi non ha letto il libro, la parola “ ninfette” potrà risultare assurda, ma in realtà è il modo in cui Humbert descrive durante tutto il libro le giovani fanciulle di cui è innamorato e con le quali ha rapporti sessuali.
Humbert cita a pagina 28 del libro “ il mio mondo era spaccato in due. Avevo coscienza non di uno, ma di due sessi, nessuno dei quali era il mio; la anatomista li definirebbe entrambi femminili, ma ai miei occhi, attraverso il prisma dei miei sensi, erano come il giorno e la notte”
Possiamo notare in questa frase di Humbert la sua dicotomia nel suo pensiero, la sua divisione in bianco e nero.
Una visione che accumula tantissime persone con disturbi di personalità molto gravi come il disturbo borderline e il disturbo narcisistico di personalità.
Ma che cos’è il pensiero dicotomico? Voi lo sapete? Vi lascio una piccola spiegazione.
“Il pensiero dicotomico divide con un taglio netto la realtà in luce e ombra, cancellandone la complessità, l’ambiguità, la mutevolezza, e ogni sfumatura. Ragiona in termini di “tutto o niente”.
Bianco o nero.
Ciò che esprime Humbert.
Possiamo notare in lui già dalle prime pagine una forte rabbia repressa.
E possiamo notare dei profondi pensieri paranoici riguardo il pensiero della gente su di lui.
Ma cosa c’è alla base di Humbert?
Un mostro? No. Un bambino traumatizzato.
Un fanciullo scioccato dalla morte della sua fidanzatina alla tenera età di 14 anni che lo riporta alla costante di ricerca di quella fanciulla che ha perso in maniera così crudele e ardita, il destino si è fatto beffa di lui.
E lui come meccanismo di difesa da quel orribile dolore, è diventato l’Humbert che conosciamo nel libro.
Tutto ciò ovviamente non rende giustificabile ciò che ha fatto. Lui rimarrà sempre un’approfittatore e un malato.
L’unica cosa è che vorrei far capire alle persone che malati non si nasce. Ho sentito spesso discorsi dove si insinuava che persone con disturbi di personalità fossero nate in questo modo, fossero nate matte, fossero disgrazie mandate da Dio, fossero addirittura maledizioni mandate da fatture.
Voi rimarrete scioccati a sentire tutto ciò, ma ho realmente sentito tutto ciò e ho deciso di raccontare la verità.
Uno dei motivi per cui ho deciso di scrivere è proprio per fare informazione, e far scoprire alla gente la realtà, la verità del mondo.
E una verità importantissima è che “malati di mente” non ci si nasce, ci si diventa.
Secondo il mio parere questa è una delle parti più belle del leggere un libro, psicoanalizzarlo, ci aiuta a riflettere.
Perché quando smettiamo di riflettere allora è finita.
Prendere un personaggio, di solito il principale e immedesimarmi totalmente lui, fino a capire ogni suo singolo meccanismo mentale.
Certo questa è una cosa che può essere fatta anche con un un film o una serie TV, ma vogliamo parlare del brivido del non vedere? Del non conoscere?
In una serie TV o un film abbiamo già una figura estetica molto dettagliata del persona, nel libro no.
In un libro possiamo anche avere la miglior descrizione scritta, ma non avremo mai l’immagine limpida del personaggio e possiamo decidere di immaginarlo come vogliamo e adattarlo al meglio alla situazione.
È un vero sfogo per la creatività.
Ed è per questo come dicevo anche in un articolo scorso che la scrittura è uno strumento potentissimo per lo sviluppo della creatività.
E come dicevo in un altro articolo, sono estremamente convinta che vada inserita come materia obbligatoria sin dalle scuole elementari, in modo che i ragazzi riescano a sviluppare creatività.
Tornando a noi, al nostro libro. Vi lascio la lettura della settimana.
“Lolita”
Leggetelo e fatemi sapere se concordate con me con la descrizione psicologica del personaggio.
Potrebbe essere un bel format, quello della lettura settimanale.
Un caro saluto dalla vostra Giu-li-a