L’Invisibile lavoro dello scrittore: una riflessione sull’editoria
In questi mesi abbiamo parlato spesso di libri, lettori e scrittori, abbiamo portato molti temi inerenti alla scrittura. Oggi ho deciso di soffermarmi diversamente dal solito solamente sugli scrittori.
Si parla spesso di scrittura e dei libri ma mai di quanto sia difficile e complesso il mondo dell’editoria.
Molte persone faticano ancora a vedere il mondo della scrittura, la creazione di un libro come un lavoro. Tutti si soffermano a vederlo soltanto come uno sfogo ricreativo, senza rendersi conto che è una passione come le altre e che gli scrittori hanno il diritto di poter coltivare un lavoro sulla propria passione, come tutti gli altri lavori.
Scrivere un libro non è un problema per noi scrittori, il problema è pubblicarlo.
Nel mondo dell’editoria ci sono gravi problemi a livello lavorativo di cui se ne parla troppo poco. Me ne sono resa conto realmente in questi ultimi mesi. Ho finito di scrivere il mio ultimo libro “Alle parole non dette” pubblicato già su Wattpad in formato digitale gratuito.
Una volta finito il mio libro mi sono messa alla ricerca di una Casa Editrice per poter far diventare la mia passione un lavoro. Ho scoperto il mondo dell’editoria a pagamento che mi ha lasciato estremamente perplessa. Chiedere soldi per pubblicare un libro è come chiedere a una barista di versare un acconto in soldi prima di iniziare a lavorare, una cosa infattibile.
Eppure se succedesse ad un altro tipo di lavoratore, la richiesta di soldi per poter iniziare a lavorare, verrebbe visto come uno scandalo ma nel mondo dell’editoria tutto ciò viene sottovalutato e insabbiato.
Tornando all’argomento iniziale, continuo a raccontarvi la mia esperienza. Ovviamente non farò nomi delle case editrici con cui ho parlato, per rispetto nei loro confronti.
Ho scoperto tutti i modi più insidi delle case editrici a pagamento che partono dal chiedere direttamente i soldi per pubblicare un libro al trovare stratagemmi per far pagare risultando anche bravi e come se ti stessero donando l’opera.
È momento che lo scrittore sia riconosciuto come un vero e proprio lavoro e venga trattato in equo modo, con gli stessi diritti.
Il mondo delle editoria deve cambiare, svilupparsi e comportarsi come ogni altro campo lavorativo.
Dopo aver parlato dei problemi pratici per uno scrittore di pubblicare un libro, parliamo anche dello Stigma sociale che c’è riguardo la professione dello scrittore.
Per la società odierna uno scrittore può essere un nullafacente, un pigro, un creativo, un sognatore ma mai un lavoratore.
Quando mi capita di raccontare alle persone che oltre l’insegnante vorrei avviare anche una professione di scrittrice, sono solita incontrare sorrisi ironici, sguardi critici e discorsi molto svalutanti.
Ovviamente non voglio generalizzare. Ci sono state persone sane che mi hanno spronato per far diventare la mia passione un lavoro e che mi hanno sostenuto e mi sostengono ancora. Ma oggi voglio portarvi la parte problematica della scrittura e quindi vi parlo di questi inconvenienti sgradevoli.
È il momento che il ruolo dello scrittore sia visto come un vero e proprio lavoro al pari di tutte le altre professioni lavorative.
Questo non è un problema solo dello scrittore. Ci sono molti lavori che vengono sottovalutati come lo psicologo, lo psicoterapeuta, l’insegnante, il giornalista e così via.
Perché in un mondo dettato dal capitalismo questi lavori non sono considerati.
Guardando la mia generazione mi sorge una fortissima speranza dentro il cuore di un vero e proprio cambiamento. Vedo come ci stiamo approcciando in maniera diversa al mondo del lavoro e come stiamo iniziando a considerare tutti i lavori in maniera equa, ma sono consapevoli che c’è ancora molto lavoro da fare per rompere gli Stigma.
Spero tramite i miei articoli, i miei libri e la mia scrittura di far parte a questo cambiamento. E se non riuscirò a farne parte spero almeno di poter vederlo.
Confido molto nel futuro e in ciò che le nuove generazioni stanno portando.
E voi cosa ne pensate? Vi siete mai sentiti svalutati nel vostro lavoro? O per il vostro lavoro?
Volete un cambiamento? Potete far parte del cambiamento?
Io non posso rispondere alle prime quattro domande ma posso rispondere all’ultima, si.
Potete far parte del cambiamento, tutti noi possiamo, basta iniziare da noi. Non dobbiamo avere pretese sugli altri, perché non possiamo controllare gli altri e il loro comportamento.
Possiamo partire da noi e iniziare il cambiamento.
Spero l’articolo vi sia piaciuto.