Cibo & Salute

Laura e “The Bare Reality”

Si chiama Laura Dodsworth. È una famosa giornalista britannica. Ha 48 anni, classe del 1979, ma non si sa molto sulla sua vita privata. Si sa solo l’anno di nascita, ad esempio, ma non il giorno del suo compleanno. Oppure, lei stessa ha riferito che è sposata, ma non si sa con chi. Vive a Kingston upon Thames, un borgo di Londra, situato nella sua parte sud-occidentale, nella “Londra esterna”, per capirci!

Si conosce molto poco della vita privata di questa donna. Ma tanto si sa sulle sue “opere”.

Wikipedia non le ha ancora dedicato una pagina, ma lei ha un sito, facilmente consultabile, ovviamente in lingua inglese, ma traducibile. E possiede, anche, un profilo Instagram, col nome utente @barereality, che, ad oggi, conta più di 6,0k di follower.

Laura non è solo una giornalista, ma anche un’autrice, una fotografa ed una regista.

Laura non è una fotografa come tanti. Lei ama immortalare vite ed amori.

Nel 2017, il suo articolo “The Bare Reality”, pubblicato sul “The Guardian”, è stato letto da oltre due milioni di lettori.

Molti non sanno che Laura ha pubblicato anche tre libri:

“Bare Reality: 100 women, their breasts, their stories”;

“Manhood: The Bare Reality”;

“Womanhood: The Bare Reality”.

Tutti hanno avuto una copertura mediatica mondiale ed hanno suscitato il plauso dalla critica.

Perchè hanno avuto tutto questo successo?

Laura ha fotografato ed intervistato, in tre momenti, trecento uomini e donne.

Vi starete chiedendo. E quindi?

Nel dettaglio, si è soffermata sui loro seni, i loro peni, le loro vulve e le loro vagine.

Laura ha puntato il suo obiettivo, in tutti i sensi, su tutto ciò che consideriamo dei tabù, offrendo una prospettiva talmente profonda, da raccontarne le loro storie, quelle più private, più intime, più segrete. Senza tralasciare gli aspetti piacevoli e quelli, purtroppo, dolorosi.

In fin dei conti, non siamo solo esperienze felici. Siamo, anche e direi soprattutto, esperienze infelici, le stesse che ci hanno aiutato ad essere quelli che siamo.

L’impatto?

Il progetto di Laura ha avuto una serie di gratificazioni. C’è chi la ringrazia per aver restituito, alle donne, il senso di appartenenza al loro corpo. Ha ricevuto milioni tra e-mail, messaggi, commenti positivi, proprio per sottolineare quanto lei sia riuscita a sradicare dei tabù. Tanto che, da allora, l’hanno soprannominata “la cacciatrice di tabù”.

IL SENO.

Quante volte ci siamo sentite giudicate per il nostro seno?

Tante.

Moltissime.

Praticamente sempre.

Non c’è dimensione, forma, aspetto, che possa non suscitare qualche commento.

“Hai il seno piccolo. Pensi di ingrandirlo?”.

“Hai il seno troppo grande. Perché non lo rimpicciolisci?”.

“Ma le tette cadenti? Saranno un problema per te, vero?”.

“Ma quei capezzoli così evidenti?”.

“Perché le metti in mostra? Non c’è bisogno di mostrarle!”.

Questi sono solo alcuni dei commenti che la gente non si risparmia di fare. Sottolineando un qualche difetto, un problema che, magari, tu non avevi notato, fino a quel momento almeno.

Avete notato come un qualcosa, qualsiasi cosa, inizi a diventare un problema quando qualcuno inizia a rimarcartelo?

Ho scritto tanto di me. Mi sono soffermata, in qualche articolo, sul mio corpo. Ho le forme, da sempre. Dico che sono nata con le forme. Sono nata di 5 kg e mezzo per 55 cm. Una bambina di tre mesi, praticamente. La mia grande autoironia mi spinge a dire che sono sempre stata una curvy. Ed ora sono una “curvy convinta”. Convinta di esserlo e convinta, soprattutto, che non potrò mai essere una magra!

Come tutte le curvy che si rispettano, anche io ho delle grandi tette! Per dirla in maniera più professionale, ho un seno molto pronunciato. Non vi nego che, da piccola, il mio seno era un grande disagio. Forse, uno dei più grandi disagi, insieme all’arrivo del ciclo all’età di 9 nove anni!

Più di vent’anni fa, l’intimo che propinavano alle “tettone” non era certamente quello che troviamo ora! I reggiseni erano davvero orrendi. Erano solo di tre colori, bianco, nero e color carne, oltre a costare un occhio della testa. Esistevano solo dei top “rinforzarti” dico io, cioè con dei sostegni sotto il seno, per alzarlo un tantino e larghi ai lati, per poterlo contenere. I più “carini” erano del pizzo della nonna, con ferretto sotto il seno. La particolarità di questi reggiseni? Il cammeo al centro! Praticamente, una ragazzina con le tette poteva scambiarsi benissimo i reggiseni con la nonna!

E l’intimo non era l’unico problema!

Le magliette accollate diventavano scollate, con tanto di giudizio da parte della gente. Oltre la maglietta, compravi anche le dita puntate delle persone, le quali ti facevano passare automaticamente per una “poco di buono”. Il pacchetto era all inclusive!

È dalla ricerca del reggiseno che nasceva il disagio.

Non mancavano certo i commenti, molto spesso delle commesse, le quali non si risparmiavano certo nel dire: “Eh no! Non abbiamo la tua taglia!”, con quell’aria mista tra lo schifo e la pietà. Ti guardavano come per dire “Poveretta!”, come se il seno dalla quarta in su fosse un handicap, una patologia senza cura. E quel “Poveretta!” era un pensiero alquanto diffuso. Eri quell’aliena venuta da un pianeta ancora da esplorare. E tutto per un paio di tette! Come se le altre non ce le avessero!

Oggi? Magari, quella stessa commessa, quella stessa mamma, quell’amichetta, si è rivolta al chirurgo per farselo ingrandire. Ora, è moda, anzi una caratteristica che tanto più grande è, tanto più ci rende donne. In quei tempi, un seno così andava necessariamente nascosto.

Si può comprendere come, per noi detentrici di forme da sempre, fosse un disagio non indifferente. Un cancro da estirpare. Alla velocità della luce, tra l’altro!

Col passare degli anni, poi, con la crescita e la maturità, inizi ad accettare anche quei “difetti”, che poi difetti non erano!

Tu stessa, da sola, nella tua cameretta, quando ti osservi, non vedi difetti.

Inizi a guardarli come tali quando altri ti fanno notare che quelli sono “difetti”, cioè delle imperfezioni.

Che, poi, la perfezione non esiste! È un concetto astratto al quale ambiamo tutti, ma che nessuno raggiunge!

La Laura di oggi, dopo diversi percorsi che ha fatto con sé stessa e di cui ho parlato diverse volte nei suoi articoli, cerca di valorizzare quello che altri giudica come imperfezioni.

Le mie tette? Non sono più dei problemi, anche se qualcuno cerca ancora di giudicarle come tali.

Come ho iniziato ad accettarle?

Le ho “personificate”, intanto.

Le ho dato un nome. Essendo io amante della Disney e degli animali, ho attribuito loro il nome delle oche degli “Aristogatti”, Adelina e Guendalina.

Adelina è quella più piccola. Quella che, nell’immaginario collettivo, andresti a difendere ed a tutelare di più. Proprio come faresti con una sorella, un’amica, o, più in generale, con una persona più piccola di te. È quella che dà meno fastidio, sta sempre al suo posto (o, almeno, cerca di farlo!) e si adatta a qualsiasi dimensione (dei reggiseni! Senza pensare a male!).

Guendalina è quella più grande. È quella più forte, quella che dovrebbe proteggere l’altra, ma invece è talmente ingombrante che, a volte, occupa lo spazio che non dovrebbe essere suo. Nel gergo comune, diremmo che ha l’eleganza di un elefante in un negozio di cristalli! E lei è proprio così! Ma, a vederla, dà l’impressione di essere tanto “materna”. E questo fa dimenticare tutto ciò che ho scritto su di lei.

Devo ammettere che questa asimmetria è stata difficile da accettare. Ma ci ho fatto pace ed ora ci sono anche affezionata.

La differenza di dimensione non è la sola “imperfezione” che cade all’occhio. Con l’età e senza allenamento, ovviamente la forza di gravità avrà la meglio, dando quell’effetto di “caduta libera”, che solo un buon push-up può aggiustare! Aggiustare, attenzione, non combattere!

Perchè le smagliature? Quei tatuaggi naturali che abbiamo praticamente in ogni parte del nostro corpo. Sono loro le vere protagoniste, secondo me, coloro le quali rendono molto più vere, una delle parti del corpo che ci rendono uniche.

E come dimenticare quei “graziosi” peletti intorno ai capezzoli? Conseguenza degli ormoni, i nostri “amichetti” ormoni che ci accompagnano nella nostra quotidianità. E quante di noi non ha cercato, almeno una volta nella vita, di estirparli con la pinzetta? E chi mente, sa benissimo di mentire!

Descrivere le imperfezioni è un altro modo per iniziare ad accettarle.

Essere consapevoli che la perfezione non esiste è, forse, il modo più rilevante. Il pilastro portante della nostra autostima, molto labile e dall’equilibrio alquanto instabile.

Quante volte abbiamo sentito la frase “dalla quarta in giù non è seno”?

Io, a bizzeffe.

Perché, bisogna dire, che i problemi non ce li hanno solo mica le donne con il seno grande. Ma anche chi, magari, ha un seno più piccolo.

Negli anni, ne ho sentite davvero di tutti i colori in merito a questo. Tanto che le detentrici di coppe di champagne (come si usa dire in questi casi!), si sono sentite “poco donne” e, quindi, hanno deciso di ricorrere all’aiuto del chirurgo.

ATTENZIONE! Se questa decisione è scaturita da una loro volontà di stare bene con sé stesse, ben venga! Ma se la stessa è conseguenza di un giudizio illimitato e di un continuo sminuire, allora non va più bene! Questo perché permettiamo agli altri di avere il controllo della nostra vita e del nostro benessere psico-fisico e questo sì che è un problema!

Il seno è, e sarà sempre, uno dei tratti distintivi della donna, quella caratteristica che le dona femminilità. Noi donne gli diamo una grande importanza, sia esso con imperfezioni o aggiustato dalle mani di un chirurgo. Fa parte della nostra sfera intima, con tutto ciò che ne comporta, fastidi e doloretti inclusi.

Apro una parentesi, molto importante per me.

Il seno, come detto, è una parte fondamentale, che caratterizza la femminilità di una donna. Ma potrebbe essere soggetto di patologie, benigne, ma anche maligne. Il cancro al seno è una di queste, una patologia dalla quale si può guarire, ma solo se ci si sottopone alla prevenzione.

Infatti, grazie alla visita da un senologo, all’ecografia ed alla mammografia è possibile prendere in tempo delle situazioni, le quali potrebbero diventare invasive e, quindi, mettere in serio rischio la vita di una donna.

La prevenzione è essenziale, sia per la salute che per proteggere quella femminilità alla quale tutte siamo legate particolarmente.

#fuckcancer