Intervista a Leonardo: “La mia vita è la musica, senza sarei perso”
Cristiano Leonardo conosciuto da tutti come Leo, è uno di quei nomi che, nel mondo degli eventi musicali, iniziano a diventare sempre più familiari. Da PR nei locali della sua città a professionista del booking artistico su scala nazionale e internazionale, il suo percorso è una storia di passione, sacrificio e determinazione. In questa intervista ci racconta il dietro le quinte del suo lavoro, le sfide quotidiane e i sogni per il futuro.
1. Leonardo, com’è iniziato tutto?
Il mio percorso è iniziato dal gradino più basso, come penso succeda a tutti quelli che lavorano con la musica, soprattutto a chi fa il mio stesso lavoro. Ho cominciato facendo il PR nei locali della mia città, un po’ per gioco, un po’ perché non potevo permettermi l’ingresso. All’inizio non sapevo nemmeno che si potesse guadagnare con questa attività. Poi, man mano che portavo sempre più gente, hanno iniziato a pagarmi. È stato quello il momento in cui ho iniziato a impegnarmi sul serio. Ovviamente c’è sempre stata una passione di fondo per la musica. Ricordo uno snodo cruciale: ho iniziato a lavorare nel booking di artisti, organizzando eventi anche in altre regioni. Mi sembrava un sogno: viaggiavo, venivo pagato e stavo a contatto con artisti di cui ero fan. In quel momento ho capito: voglio fare questo per sempre.
2. Quali sono le sfide principali del tuo lavoro?
Ce ne sono tante, praticamente ogni giorno. Soprattutto perché sono in continua lotta con me stesso. Lavorare con gli artisti non è semplice: devi fargli da amico, da booker, da psicologo… Devi farli divertire, ma anche motivarli. In un certo senso devi immedesimarti in loro.
3. Cosa non può mancare in un evento perfetto?
Sono molto pignolo, quindi gli eventi che organizzo devono essere impeccabili e memorabili. La cosa che non può assolutamente mancare? La bella gente.
4. Hai un evento del cuore?
Ce ne sono tantissimi. Penso al mio primo evento fatto all’estero, oppure a quello organizzato con il mio vecchio gruppo quando avevo appena 18 anni: ospitammo Capo Plaza a Salerno, la nostra città. Fu un successo incredibile: venne davvero chiunque, da Esse Magazine per le riprese a numerosi artisti, tra cui Nicola Siciliano.
5. Come scegli gli artisti con cui collaborare?
Diciamo che ho lavorato quasi con tutti. Ovviamente c’è sempre un po’ di strategia. Si tende a scegliere l’artista più in hype del momento, ma io cerco anche chi ha una visione più ampia, quelli che secondo me stanno per esplodere.
6. Quanto conta il team nel tuo lavoro?
Tantissimo. Come in tutte le cose, la squadra è essenziale. Ho soci e collaboratori che mi affiancano in questo percorso.
7. Come sono cambiati gli eventi con i social?
Una bellissima domanda. I cambiamenti si sentono eccome. Qualche anno fa era impensabile ospitare un tiktoker o un personaggio dei social in un locale. Oggi è l’opposto: sono loro che attirano più attenzione. Ma c’è anche un rovescio della medaglia: i social e le piattaforme hanno quasi “ucciso” la discoteca e il piacere di stare insieme, di condividere momenti veri. Il mondo della notte è in forte calo anche per questo motivo.
8. Hai mai staccato davvero dal lavoro?
Purtroppo no. Questo lavoro non ha orari, è forse l’unico aspetto negativo. Chi lavora in banca, in ospedale o alle poste ha orari e poi stacca. Io posso ricevere chiamate dai locali o dai management a qualsiasi ora. Nei momenti liberi, però, mi dedico allo sport – che è un’altra mia passione – o sto con le persone a cui tengo. E quando posso, viaggio. Ho visto quasi tutto il mondo.
9. C’è un lato di te che la gente non conosce?
Sì, il mio lato introverso. Le persone mi vedono sempre circondato da gente, in locali affollati. Ma in realtà sono molto timido.
10. Il tuo soprannome “Zio” ha un significato?
In pochi lo sanno, ma sì! L’anno scorso è nato il mio primo nipote. Quindi sì, sono davvero uno “zio”! (ride)
11. Come gestisci lo stress?
A volte ho bisogno di isolarmi, di starmene da solo. Avere momenti solo per me è fondamentale per smaltire lo stress che questo lavoro inevitabilmente comporta.
12. Hai una doppia vita?
Direi di sì. Negli anni ho imparato ad adattarmi a entrambi gli aspetti: quello professionale e quello privato. Ormai ho due personalità, un po’ come Bruce Wayne e Batman, Peter Parker e Spiderman. Ma la mia zona di comfort resta sempre la mia tranquilla vita quotidiana.
13. Cosa rappresenta per te la musica?
Molti dicono che senza la musica sarebbero persi. E ora capisco cosa intendono. Ti rispondo allo stesso modo: senza tutto questo non sarei io. È una parte fondamentale di me. Togli la musica a me e mi sentirei nullo, come togliere il pallone a un calciatore o i guantoni a un pugile.
14. Con quali artisti hai legato di più in questi anni?
Sicuramente con la SLF, in particolare Lele Blade e MV Killa, ma anche con la Dark Polo Gang: ricordo che li seguivo anche in date che non erano mie, soprattutto Tony e Side. Poi Boro Boro, Nicola Siciliano, Baby Gang… Penso di essere stato uno dei primi a scrivergli, era uscita da poco la sua prima canzone. Bravissimo ragazzo, gli voglio bene anche se non lo vedo da un po’. Capo Plaza lo conobbi che non ero nemmeno maggiorenne essendo anche della stessa mia città : c’è una foto storica di noi due di quando avevamo 16 anni. Con Sfera Ebbasta una volta abbiamo pranzato insieme nel suo ristorante: mi offrì lui il pranzo e gli promisi che glielo avrei ricambiato… ma non è ancora successo! (ride) Poi c’è Momkong, un emergente che è già stato ospite in diversi programmi TV come Dritto e Rovescio. E tanti altri con cui sento meno adesso, ma anche tantissimi DJ: Sick Luke, Sean Gray, Andrea Damante, Tujamo, che conobbi a Milano, e ultimamente Raul Dumitras, il ragazzo che l’anno scorso partecipò a Temptation Island.
15. Cosa pensano di te le persone a te più vicine?
Essendo un lavoro “non comune”, all’inizio nessuno prendeva sul serio ciò che facevo. Sono cresciuto in un rione dove o studiavi o andavi a lavorare, e tra le opzioni lavorative di certo non c’era questa. Pochi sanno che arrivai fino all’università e sostenni anche qualche esame, poi decisi di fermarmi e dedicarmi completamente a ciò che faccio oggi. Qui lavorare con la musica non è una cosa comune, ma in generale nemmeno con l’arte. Non si sogna in grande, ogni vita è quasi già timbrata alla nascita. Al Sud le possibilità ci sono col contagocce, quindi chi riesce a svoltare è come se avesse vinto due volte. All’inizio né la mia famiglia né i miei amici prendevano sul serio il mio lavoro, un po’ come non lo prendevo seriamente nemmeno io. Poi, con le prime entrate economiche, la visione è cambiata. Ogni mese prenotavo un viaggio e restavo settimane fuori. Questo ha iniziato a far capire anche agli altri che quello che facevo era reale. Da lì è stato tutto in discesa. Prima ci devi credere tu, poi lo faranno anche gli altri. Oggi persino le persone che non ci credevano, ora riconoscono i miei passi. Non tutti sono amici, ovviamente: come sempre c’è un po’ di gelosia. Ma se lavori bene, i risultati arrivano, e quelli non si possono mettere in dubbio.
16. Che messaggio vuoi lasciare a chi legge?
Vorrei che arrivasse una spinta a inseguire le proprie passioni. Io ce l’ho fatta, quindi perché non possono riuscirci anche gli altri? Non serve essere speciali, serve solo crederci e non mollare mai.
17. E per il futuro?
I miei progetti futuri sono orientati sempre di più verso l’estero. Ho già fatto tanti eventi fuori dall’Italia e voglio proseguire su questa strada.
18. Un consiglio per chi vuole intraprendere il tuo lavoro?
Serve tanta, tantissima passione. E soprattutto sacrifici. Le persone vedono solo ciò che è visibile: il successo, le luci, gli artisti. Ma dietro c’è molto di più: porte in faccia, delusioni, progetti sfumati. Però non bisogna mai fermarsi. Se non molli, un giorno verrai premiato.







