Il dolore: quel viaggio che abbiamo paura di intraprendere
Le emozioni. Quel pianeta ancora del tutto inesplorato. Ma perché ne abbiamo così paura? Forse, proprio perché non ne conosciamo le sfaccettature?
Ciao a tutti, sono Laura e per tanti anni ho rinnegato la mia parte emozionale. Proprio perchè non ne conoscevo nessun aspetto. E nessuno me l’ha mai insegnato. Era più semplice, quindi, allontanare anche solo l’idea che io potessi averne. Ho, perfino, detto che io non avessi un cuore. Ed invece!
Oggi, vorrei parlare di una delle emozioni più difficili da gestire: il dolore.
Che cos’è il dolore?
Il dolore è una parte inevitabile della vita umana, un compagno che può manifestarsi in molte forme ed intensità. Che si tratti di dolore fisico o emotivo, è una realtà con cui tutti ci scontriamo prima o poi. Per questo, è importante comprendere che il dolore non è solo un fardello da sopportare, ma anche un maestro che può insegnarci preziose lezioni sulla vita e sulla nostra stessa forza interiore.
Esso può assumere diverse sfaccettature. Può essere, infatti, fisico e, quindi, manifestarsi attraverso malattie, infortuni o altre condizioni mediche. Allo stesso modo, però, può essere emotivo, derivante, quindi, da esperienze traumatiche, perdite personali o difficoltà relazionali. Indipendentemente dalla sua forma, il dolore è una risposta naturale del nostro corpo e della nostra mente a situazioni difficili alle quali vengono sottoposti.
Il primo passo? L’accettazione, ovvio!
La società moderna, spesso, promuove la fuga dal dolore, cercando soluzioni immediate per eliminarlo del tutto. Come se questa fosse la soluzione migliore!
Ma è importante capire che l’eliminazione istantanea del dolore non è sempre possibile né sostenibile a lungo termine. Invece di cercare di sopprimere il dolore, il primo passo cruciale è accettarlo. Il che non significa soccombere ad esso, ma riconoscerlo come parte integrante della nostra esperienza umana.
E per superarlo? Bisogna viverlo!
Vivere il dolore è un processo delicato ma fondamentale per la guarigione. Ignorare o reprimere il dolore può portare a conseguenze negative a lungo termine sulla salute mentale e fisica. Attraverso il dolore, possiamo scoprire aspetti di noi stessi che potremmo non aver mai conosciuto. È un’opportunità di crescita personale e di sviluppo di resilienza.
La consapevolezza emotiva gioca un ruolo chiave nel vivere il dolore in modo sano. Implica l’essere presenti e consapevoli delle nostre emozioni, senza giudizio. Questo ci consente di esplorare il dolore senza esserne travolti. La meditazione e la mindfulness (piena consapevolezza di sé stessi) sono strumenti potenti che possono aiutare a sviluppare la consapevolezza emotiva, aprendo la strada ad una comprensione più profonda del nostro dolore.
E, qualora non dovessimo riuscirci da soli?
Affrontare il dolore da soli può essere un compito arduo, diffile da completare. Cerchare il sostegno di amici, familiari o professionisti della salute mentale può fornire un’ancora preziosa durante i tempi difficili. La condivisione del dolore con gli altri non solo allevia il peso emotivo, ma può anche portare a nuove prospettive e risorse per la guarigione.
Quando viviamo il dolore con consapevolezza ed accettazione, possiamo iniziare il processo di trasformazione. Il dolore può diventare un catalizzatore per la crescita personale, ispirando cambiamenti positivi nelle nostre vite. Attraverso la sua esperienza, molte persone hanno scoperto una forza interiore ed una resilienza che non sapevano di possedere.
E qui subentro io. Nella vita, non mi è mancato proprio nulla. Neanche il dolore.
La perdita della mia mamma, ad esempio, ha provocato in me tanto dolore. Un dolore che ho iniziato ad alimentare nei mesi precedenti, con l’avanzare veloce della sua malattia. Ho già parlato della mia mamma, in altri articoli. Di lei e del fottuto cancro.
Forse, un giorno, mi soffermerò su di lei senza parlare della malattia, anche se la stessa ha fatto parte della sua vita, seppur per un breve periodo.
Tornando a noi, parlando in maniera più generale, la morte di un genitore provoca tanto dolore. Ti senti persa, senza un pilastro importante della tua vita. Come se ti avessero tolto un arto, a crudo, senza anestesia.
Arriva la consapevolezza che, da quel momento in poi, tanti successi, idee, pensieri, ma anche fallimenti, cadute, o semplicemente conoscenze e cambi di posti di lavoro non potrai più condividerli con lei. Perché non ci sarà più!
La morte di un genitore è uno degli eventi più difficili e strazianti che una persona possa affrontare nella vita. Questo dolore profondo può influenzare ogni aspetto della sua esistenza, scuotendo le fondamenta stesse della sua identità e suscitando una gamma complessa di emozioni.
È un’esperienza che va oltre le parole. Il vuoto lasciato dalla perdita di una figura così significativa può essere paralizzante, scatenando emozioni intense e, spesso, contrastanti. Il lutto per un genitore può manifestarsi attraverso diverse emozioni come la tristezza, la rabbia, la colpa e, persino, la confusione. La sensazione di abbandono può essere travolgente, poiché il legame con un genitore, spesso, rappresenta un ancoraggio fondamentale e solido nella vita di ognuno di noi.
Quella sensazione di abbandono e di vuoto la conosco molto bene. È come se ti mancasse il terreno da sotto i piedi. È un’emozione talmente forte che non si può spiegare così, su due piedi, in una pagina di blog. Come tutte, va vissuta, nella sua interezza, con il dolore che ne consegue. Bisogna piangere, metabolizzare la perdita ed accettarla per avere delle relazioni quanto più sane possibili.
Sì, perchè le relazioni future, di qualsiasi genere, ne potrebbero essere condizionate.
La perdita di un genitore può influenzare profondamente le dinamiche relazionali. I rapporti familiari possono subire cambiamenti significativi ed il modo in cui un individuo gestisce il proprio dolore può riflettersi nelle interazioni con gli altri. Alcuni potrebbero chiudersi emotivamente, mentre altri potrebbero cercare il supporto dei propri cari. In entrambi i casi, il dolore può diventare una connessione condivisa, ma anche un terreno fertile per conflitti e tensioni.
Superare la morte di un genitore richiede tempo, pazienza ed un approccio gentile verso sè stessi. Nel percorso di guarigione, potrebbero essere utili alcuni consigli:
- permesso di provare emozioni: è fondamentale riconoscere ed accettare le proprie emozioni. Non c’è un modo “giusto” di affrontare il dolore e permettersi di piangere, arrabbiarsi o sentirsi confusi è parte integrante del processo di guarigione;
- cercare il supporto: condividere il dolore con amici, familiari o, anche, con un professionista può fornire un sostegno cruciale. La parola condivisa può alleviare il peso del dolore ed offrire prospettive utili;
- preservare i ricordi: mantenere viva la memoria del genitore attraverso foto, lettere o oggetti significativi può essere un modo terapeutico per onorare la loro vita e l’impatto che hanno avuto;
- rivolgersi alla spiritualità: per alcuni, la fede e la spiritualità possono essere fonti di conforto. Partecipare a pratiche spirituali o cercare il supporto di una comunità religiosa può offrire un rifugio in tempi difficili;
- accettare i cambiamenti: la morte di un genitore, spesso, comporta cambiamenti nella vita quotidiana e nelle aspettative future. Accettare questi cambiamenti può essere un passo importante nel percorso di guarigione.
Il dolore per la perdita di un genitore può durare a lungo ed il processo di guarigione è un viaggio personale ed unico. Non c’è un termine prestabilito per il lutto ed ogni individuo affronta questa esperienza in modo diverso. Con il tempo, molte persone trovano la forza di ricominciare a vivere appieno, portando con sé il ricordo del genitore defunto come un tesoro prezioso.
Ma per fare ciò, è indispensabile metabolizzare il dolore ed accettarlo del tutto.
Soprattutto quando la morte di un genitore subentra in età giovane, infatti, una persona può reagire iniziando ad essere ribelle, nei confronti di sé stesso, della sua “nuova” vita, degli altri. Questo suo atteggiamento è un vero e proprio grido di aiuto, che non sempre viene ascoltato. È come se dicessi: “Ci sono anche io!”, un modo, non sano sicuramente, per mettersi in mostra e per esternare il loro dolore. Dolore che vorrebbe fosse visto da chi gli sta vicino e che, spesso, non viene compreso. Non tutti, infatti, hanno quella sensibilità, quella capacità di leggere il cuore della gente.
Questa non è sicuramente la soluzione migliore, perchè, come ho già detto, fuggire dal dolore non serve a nulla!
Riconoscere il proprio dolore, viverlo in pieno ed accettarlo fa parte del lungo processo della gestione delle emozioni, di cui ho sempre parlato (e continuerò a farlo!).
Si è in difficoltà quando si è soli, a pensare alla mancanza, a ripensare i momenti passati e quelli che ci si è persi, a ciò che si poteva condividere, a quella pacca sulla spalla, a quel “Sono orgogliosa/o di te!”. Per un figlio ed una figlia, tutto ciò (e tanto altro!) è importante per la sua crescita.
Ma arriva un momento nella vita in cui, per cause di forze maggiori, bisogna vivere quel dolore e comprendere alcuni nostri atteggiamenti. La paura dell’abbandono, ad esempio, è un’emozione che scaturisce dalla perdita di un genitore e che, se non gestita, potrebbe portarci a conseguenze molto importanti. Anche per questo, va metabolizzata interamente, per costruire la nostra persona nel migliore dei modi.
Qualora da soli non dovessimo essere in grado di affrontare tutto questo, ci si può rivolgere a degli specialisti, i quali possono aiutarci a gestire questo momento ed andare in fondo alle nostre situazioni che ci possono limitare.
In generale, affrontare il dolore è un viaggio individuale ed altamente soggettivo. È comunque un viaggio utile, che può portare ad una maggiore consapevolezza di sé e alla scoperta di una forza interiore che può sorprendere, noi e chi ci sta accanto. Accettare il dolore come parte della nostra esperienza umana, viverlo con consapevolezza ed esplorare le sue sfumature più profonde sono passi cruciali verso la guarigione e la trasformazione personale.
Le emozioni vanno vissute, nella loro interezza.
Quindi, sedetevi, riflettete ed iniziatelo questo meraviglioso viaggio.
È lungo, sì, ma non si paga.
Può essere sofferto, sì, ma non è così duro come si crede.
Immaginate di stare a passeggiare su una strada vicino al mare. Che fate? Accelerate o mettete in seconda e vi godete il panorama? Io, senza pensarci due volte, la seconda opzione!
Ecco!
Le emozioni sono come il mare, meraviglioso quando è calmo, fantastico quando è arrabbiato. Significativo di giorno, romantico di notte. Infinito nella sia immensità. Inesplorato nella sua profondità.
Non trovate che ci siano delle somiglianze?