Gabriele Andriulli: il campione mondiale dal cuore grande
“La mia vita è una sorta di poema epico.“
È così che definisce la sua vita un campione. Campione non inteso solamente per i traguardi raggiunti nello sport, ma anche nella vita.
Il suo nome è Gabriele Andriulli. E Gabriele mi ha onorato della sua presenza, come ospite, in una delle live, del mio format “Sangue e Rose”, che va in onda sul canale TWITCH di “The Digital Moon”, ogni mercoledì sera alle ore 21.00. La sera del 27 settembre è stata la sua volta, protagonista indiscusso della live dal titolo “Oltre i limiti: la forza dell’accettazione attraverso lo sport”.
Ricordo ancora la mia sensazione quando gli ho inviato il messaggio su Instagram, per chiedergli se avesse avuto piacere a partecipare alla mia live. Ho pensato: “Sì, figurati se mi dovesse rispondere!”. Ed invece, mi ha risposto quasi subito, accettando immediatamente. La mia intenzione era quella di diffondere, tramite la sua voce, messaggi di accettazione di sé stessi e come lo sport poteva aiutare in tal senso. Messaggi raffonzati dalla sua storia, tragica ma con un epilogo molto significativo.
Gabriele nasce in Toscana, il 9 gennaio 1980. È un imprenditore di successo, ma un giorno la sua vita cambia radicalmente. È il 20 dicembre 2011, quando Gabriele sta percorrendo la FiPiLi, di ritorno da una giornata di lavoro. Essendo periodo di Natale, è facilmente intuibile quanto quelle fossero giornate frenetiche. Un colpo di sonno, lo schianto, la corsa in ospedale, il responso. Gabriele non potrà più camminare.
Si può solo immaginare l’aspetto emotivo di quei momenti. Lui, uomo in carriera e sportivo, che non potrà più usare le gambe.
Nella live, ha raccontato anche un’altra esperienza traumatica, che ha ulteriormente messo a dura prova le sue emozioni. Durante gli 11 mesi di ricovero, infatti nacque la sua nipotina, venuta a mancare tristemente dopo pochissimo, a causa di una malattia genetica.
Ho chiesto a Gabriele come si sentisse in quel momento. Potreste pensare che fosse una domanda stupida, ma aveva un fine. E per spiegarvelo devo aprire una parentesi.
Chi mi segue sa benissimo quanto io tenga particolarmente al tema dell’accettazione di sé stessi. Penso sia tappa essenziale nel lungo viaggio per essere ADULTI SANI. L’accettazione di sé stessi è un percorso, che comprende tre momenti fondamentali: l’accettazione fisica, l’accettazione mentale e la connessione emozionale. Ebbene sì! Le emozioni sono un aspetto imprescindibile, per riuscire ad essere PERSONE SANE. Non possiamo non ascoltarle, non tenerne conto, farci anche travolgere, perchè no! La gestione delle emozioni è un modo molto efficiente per iniziare a conoscersi, a superare i propri limiti e migliorarsi, allontanando le tossicità e lavorando sui propri aspetti positivi.
Fatta questa doverosa premessa, non si può minimamente immaginare cosa potesse sentire Gabriele in quel momento. Perchè certe emozioni vanno vissute nella loro interezza per essere comprese! E spiegarlo, in un contesto dove sembra quasi che le emozioni siano un aspetto del quale si può benissimo fare a meno, può solo fare bene! Non so se questa domanda può avergli dato fastidio, ma spero tanto che lui abbia capito la mia intenzione. E qualora non l’avesse ben compresa, questo articolo su di lui gli chiarirà questo aspetto!
Passati gli 11 mesi di ricovero e fisioterapia, Gabriele Andriulli esce dall’ospedale. Anche quell’impatto non è stato facile da gestire. Lui, che, in quel periodo, aveva un corpo completamente diverso e che doveva trovare la giusta voglia per ricominciare. Daccapo.
E perché non farlo dallo sport?
“Tutti i giorni sono un’opportunità per noi per poter fare quello che vogliamo fare. Abbiamo il dovere di vivere questa vita e lasciare qualcosa di buono.“
Gabriele, tra le tante frasi profonde, dice anche questo. E penso che sarà stato un mood che l’ha accompagnato anche in quei mesi.
Gabriele ricomincia ad allenarsi. Il bodybuilding diventerà quell’utensile che gli servirà per ricostruire la sua vita, cominciando appunto dal suo corpo. Nel 2011, ha scoperto che in America esisteva una categoria di bodybuilding per le persone in sedia a rotelle ed era, anche, diventata professionistica. A quel punto, ha iniziato a preparasi e, nel 2013, è salito sul palco. Ha vinto la Pro Card e tre categorie diverse. Ha vinto tre Mr Olympia, il primo nel 2018, poi 2019, nel 2021 (medaglie d’argento) e due Arnold Pro (medaglie d’oro). In più, ha vinto altre due medaglie d’oro, nel 2016 e nel 2019, a Toronto.
“Prendersi cura di sé significa prendersi cura della propria anima. Significa cercare qualcosa in più”.
Gabriele, durante la live, ha voluto diffondere anche questo insegnamento. Accettarsi, infatti, significa prendersi cura di sé stessi. Cambiare quegli aspetti che non accettiamo più! Lui non ha potuto cambiare radicalmente la sua nuova vita, ma ha potuto colorarla con colori nuovi. L’accettazione di sé stessi fa fare grandi cose. E Gabriele ne è l’esempio lampante.
“Il bodybuilding ti insegna a fallire sempre, ma a continuare.”
Ed ancora.
“Se non avessimo fallito non saremmo arrivati ad una consapevolezza maggiore di noi.”
Il fallimento. Esso è una parte inevitabile e, spesso, sottovalutata del percorso verso il successo. Mentre la società può glorificare il trionfo e demonizzare il fallimento, è importante capire che non esiste successo senza errori, sfide e momenti difficili lungo la strada.
Il fallimento può essere definito come la mancanza di successo in un determinato obiettivo o impresa. È un’esperienza universale ed inevitabile nella vita di ognuno di noi. Non importa quanto talento, intelligenza o risorse una persona possa avere, tutti lo affronteranno in vari punti della loro vita. È importante sottolineare che il fallimento non definisce la nostra identità o il nostro valore come persone; è semplicemente un risultato temporaneo in un determinato contesto.
“Nella vita, non servono per forza due gambe e due braccia per dare qualcosa al mondo. La realtà non è questa assolutamente. Una vita anche in carrozzina è possibile. Non deve essere il corpo a determinarci, ma esclusivamente quello che abbiamo in testa. Abbiamo spesso un mondo che non conosciamo nemmeno noi. Noi possiamo dare tantissimo. Passato il trauma iniziale, è molto importante trovare sempre qualcosa di cui andare avanti.”
“Non deve essere il corpo a determinarci, ma esclusivamente quello che abbiamo in testa”. Una frase molto importante, a mio avviso. Ogni giorno, anche complici i social e la TV, ci misuriamo con il nostro corpo, con ciò che vediamo come difetti e non come, magari, caratteristiche. Da quando ho iniziato ad accettarmi, ho cambiato il modo di guardarmi. Sì, certo, sarei un’ipocrita a non ammettere che ci sono dei giorni in cui modificherei molte cose del mio corpo, ma, poi, arrivo sempre al pensiero che io sono questa e c’è tanto altro, anche. Come, appunto, la mia testa!
È la mente che fa da padrona!
Soprattutto nello sport. Non è importante l’esteriorità, ma quello che abbiamo dentro. E Gabriele ha dimostrato che, con la forza di volontà, si può fare tanto. Durante la live, ha sottolineato più volte che è molto indipendente. Guida due macchine, abita da solo in una casa di campagna di sua proprietà ed ha un’azienda sua. Trova il tempo per allenarsi, ma anche per dedicare del tempo a sé stesso. “Una vita in carrozzina è possibile”, dovrebbe essere, questo, uno spunto di riflessione per chi non ce la fa o pensa di non farcela. Magari con i propri tempi o con i propri limiti, tutto è possibile. Anche raggiugere i massimi livelli nello sport, senza avere l’uso delle gambe!
“E’ importante esserci sotto qualsiasi forma. Questo è il punto dove sono cresciuto di più. Conta molto di più esistere ed esserci. E’ il dono più grande essere qui.”
Così come ho sottolineato anche in live, Gabriele ha raggiunto un altissimo grado di accettazione di sé stesso. E questa frase conferma il mio pensiero. Gabriele Andriulli non è l’involucro che vediamo, ma è tanto di più.
“Io mi sento a mio agio nella mia forma di Gabriele a sedere. Purtroppo, è tutta la società che ti ricorda che sei un handicappato.”
Ed ancora.
“Al posto di dirmi che sono diversamente normale preferisco dire che sono normalmente diverso.”
La gente. Quel numero imprecisato di persone che, quotidianamente, ci ricorda cosa vorrebbe che fossimo. Ho parlato diverse volte della gente, della società che ha sempre bisogno di dire la sua in merito. Magari, facendo passare delle critiche, contornate da tanto veleno, come consigli. Tra l’altro, non richiesti!
Gabriele Andriulli ci ha raccontato che parecchie persone l’hanno abbandonato dopo l’incidente. Persone che non ha più rivisto.
Mi sono sentita di dover ricordare, nel mio piccolo, a Gabriele Andriulli che le persone sono vigliacche, completamente incapaci di gestire certe situazioni molto difficili. E, per questo, scappano. Forse, col passare del tempo, penso sia meglio così. Perché abbiamo bisogno di “presenze” e non di “assenze presenti”, le quali trasmettono solo tanta negatività.
Non si può certamente dire che, in un contesto emotivamente molto forte, anche questi allontanamenti non abbiano generato dolore. Ci si aspetta qualcosa? Forse, o forse no, ma almeno non ci si espone ad altra sofferenza. Gratuita!
Ricordate quando a Gabriele ho chiesto come si sentisse? Lui ha risposto con una frase che mi ha fatto riflettere molto: “Essere lucidi in questa situazione è l’unico modo per uscirne”. Ammetto di averlo messo in difficoltà molte volte. Ma è il rischio, quando si parla di emozioni. E l’aspetto emozionale è quello che doveva uscire da questa nostra chiacchierata. Non volevo che si limitasse alla solita intervista, dove una giornalista chiede ad un campione di raccontare la propria storia e le proprie vittorie. Almeno, non volevo che si riducesse a questo!
Non sono una giornalista. Ma posso ritenermi una buona amica.
E Gabriele Andriulli era, per me, un mezzo, un bellissimo mezzo per fa comprendere certi messaggi. E, devo dire, ci è riuscito benissimo!
Gabriele, in questo lungo percorso di rinascita, non si è fatto aiutare da nessuno. Ha fatto tutto da solo, sicuramente forte del suo enorme senso di indipendenza che, sicuramente, lo contraddistingue. Non è una persona come tante altre, possiamo dire che semplicemente è Gabriele, nella sua grandezza, di atleta, di persona, di uomo.
“Sento dentro di me che non morirò a sedere”.
È l’augurio che gli faccio. Soprattutto perchè è un suo desiderio, forse il più grande.
Non posso che dirgli GRAZIE.
Grazie per gli insegnamenti che ci regala ogni giorno.
Grazie per averci deliziato di tanta profondità in una società che, di profondo, ha molto poco!
Per chi volesse guardare l’intera live, la potete trovare qui: