“Donna, vita, libertà”
“Jin, jiyan, azadî” (“Zan, Zendegi, Azadi”) , cioè “Donna, vita, libertà”, è lo slogan che sta guidando le manifestazioni che, da settimane, stanno movimentando l’Iran.
Tutto ha inizio lo scorso 13 settembre, quando Masha (Jina) Amini, una giovane donna di 22 anni, in visita a Teheran con la famiglia, fu arrestata da un reparto “speciale” della polizia iraniana. Questo corpo di polizia si occupa del rispetto del codice di abbigliamento islamico obbligatorio (hijab, appunto, il velo indossato dalle donne musulmane).
È da tempo, però, che le donne iraniane “sfidavano” il sistema. Indossando il copricapo un po’ dietro la testa, mostrando i capelli, o colori vivaci, ma l’attuale Presidente Ebrahim Raisi ha chiesto l’inasprimento delle regole già vigenti.
Masha fu arrestata, picchiata selvaggiamente, perse i sensi, fu ricoverata in ospedale e morì dopo tre giorni. Dal giorno del suo funerale, le donne iraniane iniziarono delle vere e proprie ribellioni, durante le quali bruciarono il velo e si tagliarono una ciocca di capelli, proprio per rivendicare la loro libertà. Ribellioni che, in poco tempo, furono sposate in tutto il mondo, con segnali che potessero esprimere vicinanza alle giovani iraniane.
Questa insurrezione nazionale prende il nome di “Rivoluzione delle donne” e viene appoggiata anche da uomini di tutte le età, classi sociali ed etnie. Proprio come forte sovversione nei confronti della polizia locale e del governo autoritario in corso. Manifestazioni che hanno, alla base, l’insofferenza generale, soprattutto delle donne. Quest’ultime sono le principali vittime si può dire, nei confronti di un regime violento ed oppressivo, fondato sulle discriminazioni di genere e sulla repressione di tutte le diversità. Regime che, dopo pochi giorni dal suo insediamento, ha istituito l’obbligatorietà del velo. Non si limita nell’uso della forza e della tortura, persino nei confronti di minorenni e che ha bloccato l’accesso ad internet, proprio per togliere visibilità alla rivoluzione in atto in queste settimane. Regime che ha dato vita allo slogan “O ti copri la testa o ti do una botta in testa!”, in uso dalla polizia morale.
Le manifestazioni, in pochissimo tempo, si sono diffuse, a macchia d’olio, in tutto il Paese. Hanno coinvolto proprio tutti e tutte le zone, città, campagne, università, fabbriche. Sono soprattutto le giovani le principali protagoniste, le quali non si risparmiano mica di farsi vedere senza velo! È questo il caso di Sara Khadim al-Sharia, la campionessa iraniana di scacchi, la quale ha partecipato ai Mondiali del 2022, in Kazakistan, senza indossare il velo. Ora lei non può tornare a Teheran e chiede o un permesso di soggiorno o asilo politico alla Spagna. Sara, attualmente, è la giocatrice di scacchi più affermata. A soli 18 anni, è riuscita a diventare “Gran maestra femminile” ed ha vinto il titolo di “Maestra internazionale di scacchi” all’84esimo Congresso mondiale.
Ma cosa significa “essere donna” in Iran?
“Essere donna”, in Iran, è un vero e proprio inferno!
Sono continuamente vittime di aggressioni verbali e fisiche, da parte della polizia. La quale ordina loro di sistemare il velo per nascondere i capelli e consegna loro dei fazzoletti per togliere il trucco troppo evidente.
Qualora non dovessero obbedire, vengono prese per le braccia e strattonate, schiaffeggiate, prese a pugni e colpite con manganelli, ammanettate e sbattute violentemente contro i furgoni della polizia. Infine, vengono anche arrestate.
È bene sottolineare che la legge viene applicata già alle bambine di 9 anni d’età, anche se già da quando compiono 7 anni si impone loro di indossare il velo.
La legge iraniana punisce qualsiasi atto ritenuto “offensivo” per la pubblica decenza con la reclusione da 10 giorni a 2 mesi o con 74 frustate. È questa la punizione alla quale vengono sottoposte le donne che non dovessero indossare il velo in pubblico!
Nel corso degli anni, alle donne iraniane è stato vietato di frequentare posti pubblici, come aeroporti, campus universitari, ospedali. Inoltre, molte sono state allontanate da scuole o università o licenziate perché dal velo sporgevano troppo i capelli o per il trucco considerato troppo appariscente o perché i soprabiti erano considerati troppo corti, attillati o colorati.
Tante sono le donne che sono state punite, perché considerate troppo “ribelli”.
Nasrin Sotoudeh è stata condannata a 38 anni di carcere e 148 frustate. La sua “colpa”? Difendere i diritti umani, arrestata perché manifestava contro l’obbligo di indossare il velo.
Yasaman Aryani, a soli 24 anni, è stata condannata a 16 anni di carcere. La sua “colpa”? Aver regalato, a capo scoperto, dei fiori alle donne che viaggiavano, l’8 marzo del 2019, sulla metropolitana di Teheran, raccontando loro quali fossero i loro diritti negati.
Ma, a livello mondiale, come viene vista questa situazione?
Sono tanti i capi di Stato o i Presidenti che hanno preso una posizione in merito a questa storia. Oserei dire, di tutto il mondo. Ovviamente, tutti sono a favore delle donne e contro un regime che tutto è tranne che libero.
La politica si indigna aspramente ed è giusto così! Ma ritengo che tutta questa indignazione sia pura e semplice ipocrisia, la maggior parte delle volte almeno. Prendiamo la Meloni, ad esempio, l’attuale Presidente del Consiglio italiano. Anche lei appoggia questo tipo di manifestazioni, posizione condivisibile se non fosse che il suo governo ha firmato contro l’aborto, tipo!
È ovvio che sono temi molto delicati e per trattarli bisogna munirsi di grande sensibilità ed empatia, oltre che di conoscenza della materia. Cadere nel ridicolo, nei fraintendimenti e nel pressapochismo soprattutto, è fin troppo semplice! È ovvio che l’unica posizione condivisibile è quella di appoggiare le donne iraniane e, magari, manifestare al loro fianco (sarebbe il massimo!).
Ma c’è ancora tanto da fare, nel nostro piccolo!
Non posso non tenere in considerazione le mie amiche donne, ancora assoggettare al compagno violento.
Non posso non pensare alle tante, troppe, ragazzine che subiscono violenza, perché non siamo riusciti a diffondere un’educazione sessuale adeguata (in primis la scuola!). Un insegnamento al rispetto verso l’altro e, soprattutto, non si riesce ad accettare il “NO!”.
Non posso credere che una donna che subisce violenza e che rimane incinta possa ancora trovare difficoltà nel trovare un ginecologo compiacente che possa mettere la parola “FINE” a quel martirio!
Non riesco a considerare tutte quelle donne che, ancora, non possono vivere la loro omosessualità liberamente e senza essere giudicate.
Non voglio non nominare tutte quelle donne che si sentono tali anche se dovessero decidere di non avere figli.
La “Rivoluzione delle donne” deve essere mondiale e su ogni livello. Deve riguardare proprio tutte, qualsiasi fosse la loro età, ceto sociale, etnia, religione, orientamento sessuale. Dovremmo prendere esempio e riflettere su quello che sta succedendo in Iran. Da noi, non ci sono le torture, forse, ma non possiamo certamente dire che viviamo una società aperta ed a favore delle donne. Non possiamo non dire che veniamo ancora giudicate sotto al punto di vista sessuale, offese perché “troppo aperte”, considerate “stupide” dal datore di lavoro uomo, che capisce tutto e fa più e meglio di te.
Siamo tutte Masha, Sara, Nasrin e Yasaman, senza alcuna distinzione! Siamo donne, con pari diritti e doveri.
Si vive di esempi, non di parole! In fin dei conti, tra di noi c’è ancora chi giustifica il marito violento. Punta il dito contro nei confronti di chi, consapevolmente, decide di non avere figli, giudica la donna che ama un’altra donna. Guarda l’abbigliamento, come se questo descriva pienamente la persona che lo indossa e le sue capacità, soprattutto. La nostra condizione di sottomissione, mascherata da libertà, non cambia molto da quella che vivono le nostre amiche iraniane! A differenza loro, però, noi ancora viviamo nell’illusione che siamo libere, senza vincoli, realizzate e con la facoltà di poter dire e fare ciò che vogliamo!
E tu pensi davvero che siamo così diversi?