Dissociazione stupefacente
Un po’ indecisa su come iniziare tutto ciò, da dove più che altro… Credo inizierò dalla fine, in quanto i ricordi degli ultimi avvenimenti sono più limpidi e magari, forse, si spera, siano meno dolorosi. Solo perché ancora da metabolizzare, analizzare e somatizzare.
Sono afflitta dalla solitudine ultimamente. Quella solitudine che pur di non affrontarla, pur di non viverla, purché non esista, anche solo per un momento, riempi gli spazi con chiunque. Gente della quale non ti interessa e alla quale non interessa di te, ma che almeno per un momento, un breve, inutile, sfuggente e del tutto dimenticabile istante, non ti fa sentire i tuoi pensieri.
Che poi, ovviamente, non serve nemmeno che te lo dica. Non è sicuramente tempo di qualità quello che trascorro così, è tempo sprecato intorno ad un tavolo, intorno ad un piatto, tempo buttato e che mai più avrò indietro.
Uno spreco che mi concedo come solo i ricchi possono fare.
Attenzione! Non voglio cadere nel cliché de: “I soldi fanno la felicità” perché noi lo sappiano che non è il denaro che fa la felicità ma il denaro permette di avere tempo. Ed è con il tempo che si misura la felicità.
Potremo dire, quindi, che prendendomi questo tempo per far tacere la vocina nella mia testa che da qualche settimana sussurra, alzando sempre più il tono: SOLITUDINE, io sia felice.
L’equazione è semplice d’altronde. Ma possiamo noi non considerare le variabili? Certamente no!
La variabile più importante è che il tempo in questione non sarebbe destinato dal principio e con totale intenzione all’azione in corso ma lo si dovrebbe dedicare alla situazione che ha attuato quello che si sta svolgendo.
Nel pratico: dovrei usare suddetto tempo per fare i conti con la solitudine. Ascoltarmi, capirmi, comprendere i motivi e cercare delle soluzioni per stare bene, meglio, per essere felice. Invece io lo uso per evitare tutto ciò, lo impiego per fare cose che mi distraggano dalla situazione principe. E
d è così che avviene lo spreco. Perché la situazione principe sarà comunque lì l’indomani in attesa di ricevere il tempo che le spetta per essere risolta, e l’azione svolta a camouflage sarà fine a se stessa e non avrà apportato ad alcunché di utile.
Consapevole dello spreco che compio, analizzo il perché non riesco più ad usare il tempo propriamente.
Perché non voglio elaborare questo sentimento? Perché continuo a metterlo in standby con l’arroganza di poterlo seppellire, soffocare, e dunque credere, forse sperare, non si ripresenti più?
Anche perché non è che si è manifestato una volta sola, e dici: va beh, oggi no, oggi non ci penso, oggi lo bypasso, ci penserò quando e se mi sentirò di nuovo così.
No! Il quando e se sono già avvenuti, molteplici volte, ma ormai questo modus operandi che ho azionato è la costante.
Al perché sia diventata questa la costante, la risposta è semplice: la droga, cara mia!
Facile giustificazione, penserai, ma credimi che non è così. L’ultima cosa che voglio è darmi delle giustificazioni.
E’ semplicemente il funzionamento della sostanza sul cervello.
In riferimento all’argomento che ti sto raccontando, nel primo momento che la mia mente ha voluto distrarsi dai pensieri partoriti e l’ha fatto con la droga. Si è creato un precedente replicabile ad ogni occasione l’argomento faccia capolino.
Mi spiego: la prima volta che ho provato solitudine in questo momento della mia vita, il cervello ha dato segnali di pericolo, di allarme, di malessere. Ed io avendo affrontato quell’SOS con la droga, che stimola la produzione di dopamina ho dato l’input al cervello di drogarmi ogni volta che ho questo feeling.
Quello a cui non riesco a darmi risposta è il perché io non abbia voluto affrontare questa cosa in prima battuta. Perché sono voluta scappare? Perché al segnale d’allarme non sono intervenuta sul problema ma ho chiuso la porta e fatto altro, della serie se non ti vedo/sento non esisti?
Forse perché sono stanca di star male, stanca di dovermi sempre rialzare, stanca di conoscermi, stanca del passato che non so come è sempre presente. Non ho voglia di iniziare un’altra volta un percorso. Un’introspezione, non ne ho voglia. Vorrei solo poter risolvere tutto con una dormita, una bevuta, uno schiocco di dita.