Storytelling

Colazioni e case a Miami

Cercare una casa e trovarla in un giorno grazie alle giuste informazioni e ai siti web.

È la nostra prima giornata a Miami insieme. Dopo un lungo riposo, ci alziamo cariche per far sì che questa esperienza possa aiutarci a raggiungere i nostri obiettivi: viaggiare, conoscere culture lontane dalla nostra porta di casa e lavorare al progetto che prenderà vita al nostro rientro: il nostro primo locale.

Decidiamo di uscire e dedicarci una colazione in pieno stile americano. Grazie ai TikTok visti prima della partenza, decidiamo di recarci al Bistro Café di Laguna St., a Coral Gables. Clarissa ordina un avocado toast, io opto per dei pancake. Un cappuccino d’avena per entrambe, pronte ad aprire il computer e i nostri taccuini.

Arriva l’ordine: non avevo mai visto porzioni del genere. Un piatto di cinque pancake ricoperti di frutta e sciroppo d’acero. Non sarei mai riuscita ad affrontarli da sola. Questo avrebbe giustificato il prezzo, ma sicuramente non era un piatto per una persona. Per non parlare del maxi toast di Clarissa, con tanto di uova e salmone.

Iniziamo le ricerche delle case a Miami. Avevamo un budget, un garante, una zona, ma non avevamo minimamente idea di che tipologia di casa cercare. L’illuminazione: dovevamo trovare un appartamento come quello dove eravamo ospiti per qualche giorno. Un appartamento in un rent building, presenti in tutti gli States. Modera, Avalon… questi erano alcuni dei nomi che uscivano fuori cercando sul motore di ricerca americano per case: Zillow. In questa maniera avremmo avuto una casa “tutto incluso”, senza spese extra per assicurazioni contro gli uragani o per il mantenimento dell’immobile.

Troviamo un appartamento con una camera da letto non molto lontano da noi. Dopo aver visionato le foto e la presentazione, decidiamo di scrivere una mail per una visita. Ci accettano per un appuntamento nello stesso giorno. Così decidiamo di appuntare le informazioni necessarie e le domande da porre all’agente, paghiamo il conto di circa 50 dollari, mancia inclusa, e ci avviamo.

Una casa. La nostra prima casa, dall’altra parte del mondo. Questo pensiero continuava ad elettrizzarmi e a renderci entrambe sempre più felici. Così tanto che non ci accorgiamo dei palazzi e delle persone intorno a noi.

Arriviamo a destinazione. Ci accoglie Mike, il receptionist, che si presenta con un sorriso smagliante e ci fa accomodare. Dopo averci offerto acqua e caffè, inizia a parlarci dell’appartamento e delle regole della community: no fumatori, pet friendly, utilizzo del parcheggio, toletta per cani presente in struttura, sorveglianza 24/7, piscina, palestra, area comune e coworking con caffetteria. Un sogno.

Prese dalla gioia, decidiamo di vedere l’appartamento. Al pian terreno, si era liberato appena tre giorni prima della nostra mail: la unit #111. Mike gira la chiave e ci troviamo davanti una cucina e un salottino con una grossa porta-finestra che dà sulla strada. A destra della cucina, un piccolo disimpegno con due porte: il bagno e la camera da letto, che all’interno aveva una cabina armadio enorme.

Ci guardiamo in quella stanza vuota e, dai nostri sorrisi, capiamo di aver trovato casa. Torniamo alla reception e Mike ci fa firmare tutti i documenti. Chiudiamo l’accordo per 2.800 dollari di affitto, spese incluse, per un anno.

Una volta firmato tutto quanto, ci consiglia la banca più vicina per aprire una carta prepagata americana: la Regions, nella quale versare i soldi o caricarceli da quella italiana per effettuare i pagamenti dell’affitto. Avremmo fatto tutto dal telefono, persino aprire la porta di casa.

Eravamo pronte per trasferirci. Dovevamo solo aspettare qualche giorno, e la nostra casa sarebbe stata pronta.