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“Baby Reindeer”, la serie che racconta lo stalking

41mila email.

744 tweets.

106 pagine di lettere.

305 ore di messaggi vocali in segreteria.

Il tutto in 4 anni di conoscenza.

Sono questi i numeri di “Baby Reindeer”, la mini serie che sta spopolando su Netflix in queste settimane.

Sono numeri un po’ particolari, questa volta.

Non si parla di incassi. Più in generale, non si parla di soldi.

Sono numero inquietanti, se si pensa che siano frutto di una mente sicuramente non sana.

Baby Reindeer” non ha avuto bisogno di una campagna pubblicitaria “da bombardamento”. Nè, tantomeno, ha attirato per un cast formato da attori famosi hollywoodiani!

É una serie ben scritta e ben recitata che ha delle peculiarità, le quali la rendono davvero molto interessante.

Sette episodi, della durata di circa mezz’ora, che raccontano la storia, la vera storia di uno stalking. E non solo.

È stata ideata ed interpretata da Richard Gadd. E lui stesso parla della sua storia.

Ebbene sì! È proprio lui il protagonista della storia, la vittima dello stalking.

Scelta coraggiosa, non c’è che dire! In un mondo dove le vittime hanno sempre più vergogna nel mostrarsi, questa è una vera e propria prova di coraggio, di forza, ma anche un incentivo a farsi aiutare. Sia da stalker, che da vittima.

Lo stalking è un fenomeno insidioso che ha infestato le relazioni umane per decenni, ma solo di recente ha ricevuto l’attenzione che merita. Questa forma estrema di comportamento ossessivo-compulsivo può avere conseguenze devastanti sia per la vittima che per lo stalker.

Cos’è lo stalking?

Lo stalking può essere definito come un comportamento ricorrente, indesiderato e minaccioso nei confronti di un’altra persona, che causa paura o ansia nella vittima. Questo può includere azioni come sorveglianza costante, invio ripetuto di messaggi o regali, minacce dirette o implicite, danneggiamento della proprietà o persino aggressioni fisiche.

Lo stalking può assumere molte forme e può essere difficile da riconoscere all’inizio. Può iniziare con comportamenti innocui come chiamate frequenti o messaggi, ma può rapidamente evolvere in qualcosa di più minaccioso e invasivo. Ad esempio, lo stalker potrebbe iniziare a seguire la vittima ovunque vada, monitorare la sua attività sui social media, o addirittura presentarsi senza invito al suo luogo di lavoro o a casa.

E non senza conseguenze!

Le conseguenze dello stalking, infatti, possono essere devastanti per la vittima. La paura costante di essere osservata o attaccata può portare ad un aumento dello stress, dell’ansia e, persino, della depressione. La vittima può iniziare a vivere nel terrore costante ed a sentire che la propria libertà e sicurezza siano state compromesse. In alcuni casi estremi, lo stalking può anche portare alla violenza fisica o, peggio, alla morte della vittima.

Come si può uscire dallo stalking?

Uscire da una situazione di stalking può essere estremamente difficile, ma ci sono passi che la vittima può intraprendere per proteggersi. In primo luogo, è importante prendere sul serio ogni minaccia o comportamento inquietante e cercare aiuto immediatamente. Ci sono risorse disponibili, come linee telefoniche di assistenza e centri antiviolenza, che possono offrire supporto e consulenza.

In molti casi, è anche utile ottenere un ordine restrittivo che proibisca allo stalker di avvicinarsi alla vittima o di contattarla in qualsiasi modo. Questo può essere un deterrente efficace e fornire alla vittima una maggiore sensazione di sicurezza. È, inoltre, importante documentare ogni incidente di stalking, comprese chiamate, messaggi ed incontri in persona, per avere prove tangibili in caso di necessità.

Denunciare è fondamentale per uscire da situazioni di limitazione della propria libertà! E lo stalking è una limitazione della propria libertà! Lo stalking è violenza!

Per la vittima, uscire da una situazione di stalking può richiedere anche un percorso psicologico significativo. È molto comune, infatti, che le vittime sviluppino sintomi di trauma ed abbiano difficoltà a fidarsi degli altri dopo un’esperienza così traumatica. La terapia può essere estremamente utile per elaborare il trauma ed imparare a gestire l’ansia e la paura residue.

E per lo stalker?

Anche per lo stalker, il percorso per uscire da questo comportamento può essere altrettanto difficile. E, aggiungerei anche, la difficoltà potrebbe nascere già dal riconoscere l’attuazione di determinati comportamenti e, quindi, la consapevolezza che tutto questo non sia giusto. Spesso, gli stalker agiscono per una combinazione di motivi, come, ad esempio, gelosia, rabbia o un senso di possesso sulla vittima. La terapia può aiutare gli stalker a comprendere ed affrontare le radici del loro comportamento e ad imparare strategie alternative per gestire le proprie emozioni.

Il successo di “Baby Reindeer”?

Viviamo in un contesto storico molto particolare.

I TG, i social, i giornali online raccontano storie, spesso davvero tanto macabre, di rapporti tossici e limitazioni della libertà continue.

Ho come la sensazione che, nel profondo della nostra coscienza, sia nata la consapevolezza che, un giorno, possa accadere anche a noi. Ma non abbiamo gli strumenti per riconoscere un rapporto tossico, per valutarne i segnali. Siamo talmente abituati ai rapporti tossici che ci sembra tutto normale.

Crediamo fortemente, infatti, che la gelosia sia sintomo di “amore”, che l’interesse si misuri dal grado di ossessione che ha quella persona nei nostri confronti. Siamo in perenne provocazione, come se mettessimo continuamente alla prova l’altra persona ed il suo “amore” nei nostri confronti.

Pensiamo che il controllo del telefono sia addirittura “naturale”. Come se, essere in coppia, significhi non avere privacy!

Siamo talmente abbindolati da questo “amore tossico” da credere che trovare, all’improvviso, la persona “amata” sotto casa o nel parcheggio del nostro posto di lavoro sia, addirittura, un gesto carino.

Riteniamo che “coppia” significhi condividere tutto, anche le economie. Per una donna risulta “normale” lasciare il posto di lavoro per raggiungere il principe azzurro. Andando ad alimentare quegli stereotipi che tanto ci hanno danneggiato (uomini e donne!).

Potrei elencarne tanti altri di gesti che dovrebbero attirare la nostra attenzione, ma l’articolo si allungherebbe ulteriormente. Qualora il tema dovesse risultare interessante, potrei scriverne un altro o, magari, utilizzare i miei social per divulgare informazioni utili.

Intanto, vi consiglio di guardare la serie “Baby Reindeer” su Netflix, qualora non l’abbiate già fatto. È un ottimo modo per riflettere su alcune dinamiche di coppia che potrebbero riguardarci.

In una visione più sottile, “Baby Reindeer” pone i riflettori sulla vittima e sulle motivazioni che la portano ad accettare certe “attenzioni”. La consiglio perché non è la classica storia di stalking, un racconto di ciò che la vittima ha subito. NO! È tanto altro!

Un altro aspetto che, per me, è importante è che la vittima, in questo caso, sia un uomo. Siamo talmente abituati a pensare, infatti, che il ruolo della vittima sia quello della donna, da non pensare minimamente che la violenza possa essere subita anche dagli uomini.

Apro una parentesi in merito. Una parentesi che, ormai, mi ritrovo ad aprire spesso.

La violenza non ha sesso, età, religione, colore della pelle, stato sociale. Essa colpisce proprio tutti, purtroppo, senza alcuna distinzione.

Trovo sbagliato parlare SOLO della violenza sulle donne. Perchè si tende a darne un’etichetta, come se fosse un “problema categorizzato”. E questo non aiuta. Non aiuta soprattutto a togliere quei pregiudizi che ci hanno portato a questo.

La violenza la si può combattere, basta riconoscerne i segnali. Ed i segnali sono dati anche da tutti quegli stereotipi di cui tanto parlo e che tanto ci influenzano.

Stereotipi tramandati quasi come una tradizione. Una cultura che ci siamo cuciti e ci hanno cucito addosso e che è tanto difficile da scollarci. Talmente tanto che, una volta che si ha la fortuna di incontrare una persona “diversa”, magari non gelosa né possessiva, che ha voglia solo di un rapporto sano, la si considera STRANA!

Baby Reindeer” è un vero e proprio momento di riflessione, quel “E’ successo anche a me!” che potrebbe farci aprire gli occhi e prevenire situazioni davvero tanto incresciose.

È un modo, molto forte devo dire ma molto d’impatto, di studiare anche noi stessi e capire cosa ci spinge, magari, a commettere certi atti o ad accettarli.

Vorrei concludere questo mio nuovo articolo con un invito.

Il “A me non accadrà mai!” offusca la mente e non ci fa essere razionali.

Iniziamo a dire, invece, “Potrebbe capitare anche a me!” così da mantenere alta la nostra attenzione e, magari, allontanare con più facilità tutto ciò che è tossico!

Buona visione!