Misteri

La leggenda delle Fate 

Il termine “Fata” deriva dal gaelico “faunoe” o “fatuoe” che nella mitologia pagana indicano le compagne dei fauni. Tale parola viene fatta risalire anche al termine “fatica”. Nel medioevo era sinonimo di “donna selvatica”, ovvero di donna dei boschi, delle acque, e in genere del mondo naturale.

La fata è una creatura leggendaria presente nelle fiabe o nei miti di origine principalmente italiana e francese, ma che trova comunque figure affini nelle mitologie dell’Europa dell’Est.

Nel medioevo le Fate erano anche indicate con il nome di “donnae nocturnae”. Erano considerate portatrici di benessere, e oggetto di culti pagani in cui era molto forte il legame dell’uomo con la natura.

Con l’avvento del cristianesimo, la figura della fata viene rivista e reinterpretata secondo i precetti cristiani. Esse diventano quindi a seconda delle versioni angeli caduti, anime di bimbi non battezzati, morti pagani non abbastanza buoni per il paradiso nè abbastanza cattivi per l’inferno. 

Tra il XII e il XIII secolo, nel periodo dell’Inquisizione, molte delle creature del folklore vengono demonizzate. È anche il caso delle Fate, che vengono assimilate alle Streghe. Nei secoli a venire la tradizione orale e artistica, come la letteratura per bambini e la pittura, ha messo in luce soprattutto lo spirito solare e altruista della Fata conducendo all’immagine moderna che ben conosciamo.

Le fate italiane sembrano ereditare i loro poteri ed il loro aspetto da alcuni personaggi della mitologia classica. Ovvero principalmente dalle ninfe e dalle Parche. Come le ninfe, esse sono spiriti naturali che hanno sembianze di fanciulla, come le Parche presiedono al destino dell’uomo, dispensando vizi o virtù.

Le prime fate appaiono nel medioevo come proiezione delle antiche ninfe. Ma vengono per la prima volta ufficializzate verso la fine del medioevo e prendono l’aspetto classico delle dame dell’epoca, che indossavano ingombranti copricapi conici (hennin) e lunghi abiti colorati. Man mano venne attribuita loro la verga (bacchetta) magica che possiamo ritrovare anche nell’Odissea (Circe).

Per poter vedere le fate, non tutti i giorni sono buoni. C’è un giorno particolare, il 7 agosto, in cui le fate sono solite spostarsi da una collina ad un’altra. Proprio durante questo loro viaggio è possibile incontrarle. Attenzione però, non lasciatevi incantare dallo splendore del loro mondo, ma limitatevi ad osservarle silenziosamente. Se non riuscite ad incontrare le fate, basta solo girare per nove volte intorno alla collina da loro abitata. In una notte di luna piena, per poter scoprire l’ingresso del loro mondo.

Nelle notti di luna piena la vetta del Monte Bianco risplende di bagliori dorati. Sono le fate che giocano con palline d’oro, di berillo e di acquamarina. Le pareti delle caverne scelte dalle fate trasudano gocce dorate e l’intera cima del Monte Bianco è d’oro purissimo celato dai ghiacci perenni. In queste notti anche alle pendici del Monte Crivari, tra le valli di Susa e di Viù, è possibile osservare le fate giocare. Esse attraversano in un turbinio sfavillante la regione su carri di fuoco guidati da bianchi destrieri seguiti dalle risa e dai canti dei folletti.

Nella Alta Val Venosta e nella Bassa Engadina tra le spaccature della roccia e del terreno sono nascosti i tesori delle Diale, bellissime fanciulle dal piede caprino. Guai ad innamorarsene perchè sono imparentate con il demonio.

Sotto Monte Còmero, in Romagna, in una zona rocciosa sono scavate le quattro grotte delle fate, il cui ingresso è inaccessibile agli uomini. La nuda pietra che scorge è frutto di un incantesimo che tiene celato il prodigioso castello delle fate che un lontano giorno esse abbandonarono per un ignoto motivo. Hanno lasciato, però, in pegno del ritorno i loro telai d’oro purissimo. A guardia di tanta ricchezza vigila un enorme serpente capace con un soffio di far precipitare nel burrone sottostante chiunque osi tentarne il furto.


Il Parco Naturale dei Monti Sibillini, prende il nome dal Monte Sibilla, abitato proprio da questa leggendaria figura. Sulla vetta vi è una grotta (ormai crollata) chiamata per l’appunto “Grotta delle Fate”. Secondo la leggenda abitata da un folto gruppo di creature fatate che prendevano parte ai riti della Sibilla.

Gli apligiani della Val Geande di Lanzo raccontano che in alcune notti estive, particolarmente ricche di stelle, le fate scendono a danzare e cantare sui prati. Nessuno però osa uscire o guardare lo spettacolo, perchè il castigo sarebbe di precipitare in una profonda voragine.

Sul Monte Oe, in Sardegna, sorgeva lo splendido Palazzo delle Fate, ‘Sas Fadas’. Queste bellissime creature fornite di ali ogni notte scendevano in paese e giravano tra le vie, entrando ogni tanto in qualche case, passando attraverso il buco della serratura. Se vi trovavano una persona che andasse loro a genio la svegliavano chiamandola tre volte. La portavano con sè nel loro palazzo, nel quale venivano mostrate casse piene d’oro e pietre preziose. Veniva quindi invitata a prendere ciò che voleva. Ma tutto ciò che quella persona avrebbe preso si sarebbe trasformato in carbone: sarebbe stato necessario tornare là di giorno con un rosario e gettarlo sul tesoro per poterselo assicurare.

Sugli abitanti di Issime, in Val d’Aosta, veglia una fata benefica, la Donna Bianca, che quando non può allontanare una sventura, avverte i pastori sui monti con lunghe grida desolate. È stata vista qualche volta, vestita di bianco, seduta sull’erba, ma se si cerca di avvicinarla scompare.

Gli inviti a visitare una colina delle fate devono essere vagliate con cautela. Qualsiasi offerta di cibo o di bevanda va rifiutata, perché potrebbe provocare una schiavitù perpetua. Queste e molte altre caratteristiche dell’esistenza sotterranea delle fate sono simili alle concezioni mitologiche sugli inferi, che hanno un Monarca onnipotente e in cui il più piccolo boccone rende i mortali incapaci di fuggire.

La mitologia norvegese racconta che le larve che uscirono dal cadavere del gigante Ymir si trasformarono in elfi della luce ed elfi delle tenebre. Gli elfi della luce, che vivono nell’aria, sono creature buone e felici. Gli elfi delle tenebre, i cui domini sono sottoterra, sono di carnagione scura e cattivi ed hanno influssi malefici.
La versione islandese, invece, dice che Eva stava lavando tutti i suoi figli in riva al fiume, quando Dio le parlò. Piena di paura e di sgomento, Eva nascose i bambini che non aveva ancora lavato.

Dio le chiese se tutti i suoi figli erano lì: Eva rispose che c’erano tutti. Dio allora dichiarò che quelli che gli aveva nascosti, sarebbero stati nascosti anche agli uomini.
Questi bambini nascosti divennero gli elfi e le fate.

Il termine fata deriva dall’antico “faunoe o fatuoe” che nella mitologia pagana indicava le compagne dei fauni, creature dotate del potere di predire il futuro e di soprassedere agli eventi umani. La denominazione fata deriva anche da “fatica”, parola che nel medioevo fu sinonimo di “donna selvatica” cioè di donna dei boschi, delle acque e, in genere, del mondo naturale.

Le fate sono esseri soprannaturali dotati di potere magico grazie al quale possono cambiare aspetto e farlo cambiare agli altri. Frequentano caverne, rocce, colline, boschi e sorgenti. Sono pronte a correre in aiuto degli innocenti e dei perseguitati; riparano torti, vendicano offese, ma possono essere anche maligne e vendicative.

Dove si trova il regno delle fate?

La sua posizione è sfuggente. A volte è appena sopra la linea dell’orizzonte, altre sotto i nostri piedi. Avalon è probabilmente l’isola delle fate più famosa.
Il leggendario re Artù fu portato nella terra delle fate, ferito a morte, per essere curato da quattro regine delle fate. Si crede che Artù giaccia ancora, con i suoi cavalieri, nel cuore di una collina immaginaria, immerso in un sonno profondo da cui si sveglierà nell’ora del bisogno per governare di nuovo le sue terre.

Terrapieni, forti e colli antichi sono le dimore tradizionali delle fate. Di notte le colline abitate dalle fate si vedono spesso risplendere di miriadi di luci scintillanti.
Se le fate sono riluttanti ad uscire dalle loro colline, si può scoprire l’entrata camminando nove volte intorno alla collina con la luna piena. La via d’ingresso è allora rivelata.

Chi non osa entrare nella dimora delle fate può appoggiare l’orecchio contro il terreno e forse sarà premiato dalle musiche e dai canti delle loro feste. Oltre che come dimora, le colline cave sono usate come nascondiglio dell’oro e spesso anche come luogo di sepoltura.

La descrizione dell’aspetto delle fate varia di leggenda in leggenda, di racconto in racconto. Solitamente nell’immaginario collettivo le fate sono piccole creature con sembianza di donna. Solitamente con braccia e gambe particolarmente lunge e sproporzionate rispetto al resto del corpo. Vi sono però molte descrizioni diverse dell’aspetto delle fate, ne riporteremo di seguito le più curiose.

Le fate sono tutte di sesso femminile ed hanno le sembianze di una donna non molto alta e molto gracile dalla pelle chiarissima, quasi perlacea. Il loro abbigliamento è quello tipico delle donne del XIV e XV secolo con il caratteristico Hennin (ovvero un lungo cappello conico o a tronco di cono) ed abiti molto pomposi e ricchi.

Tutto questo sfarzo si può spiegare alla luce della loro indole vanitosa e permalosa, che le spinge a voler nascondere i propri difetti dietro broccati e gioielli. Così portano gonne lunghissime per coprire eventuali deformità (quasi ogni fata presenta infatti una parte del corpo bovina o caprina, come code, zoccoli ed alcune persino la testa) e cappelli lunghissimi per sembrare più alte.

Possono cambiare stato a loro piacere, ma negli stati più fini sono visibili solo ai chiaroveggenti. La materia che costituisce la loro forma è così sensibile e fluida che può essere plasmata da cose impalpabili come il pensiero e il sentimento. Il loro stato normale è una sfera di luce pulsante con un nucleo più luminoso. Quando questo si condensa, le fate si materializzano sul piano eterico e spesso usano la coscienza collettiva come modello per costruire la loro forma. In questo modo la forma viene determinata da elementi di imitazione di piante o di animali, oppure da stampi tradizionali. Altre volte intercettano i modelli del pensiero inconscio degli uomini.

È così che l’aspetto delle fate rispecchia spesso i nostri preconcetti su di loro. Normalmente le forme di queste creature sono diverse e svariate, ma in genere si basano su una figura umana rimpicciolita con un difetto o un’esagerazione negli arti o nelle sembianze. Grazie alla natura eterica della sua struttura, una fata può mutare dimensioni a volontà. Se però normalmente è piccola, mantenere dimensioni maggiori per un certo tempo è una fatica notevole. 

Per poter passare a una nuova forma, una fata deve averla ben presente e tenerla fissa nella coscienza, perché appena il pensiero divaga la forma torna alla normalità. Le energie che scorrono attraverso il corpo di una fata provocano spesso la crescita di capelli fluenti e di grandi ali dai colori brillanti e cangianti. Le fate non usano però questi vanni, per volare, perché possono muoversi attraverso l’aria e la materia a loro piacimento.

Nel prossimo articolo vi parlerò di alcuni luoghi dedicati alle fate proprio in Italia!

Spero che questo articolo vi sia piaciuto, se vi va lasciate un like e un commento e fatemi sapere cosa ne pensate di questo articolo.

Al prossimo articolo, un bacio, Miriana.

PS: se vi va seguitemi su i miei canali social per rimanere aggiornati su tutto.

Ig: https://instagram.com/miccola21

Tik Tok: https://vm.tiktok.com/ZMLR7s66e/