In fondo, io, Dahmer un po’ lo capisco
Per gli amanti del crime, questo titolo non sarà passato sicuramente inosservato. Volutamente provocatorio, ma non solamente. Io con Dahmer ho davvero empatizzato e non parlo solo perchè ho visto la serie su Netflix, che ovviamente è romanzata. Parlo dopo aver approfondito la sua storia, dopo aver visto il suo processo e le valutazioni psicologiche e psichiatriche.
Questo comunque non è un articolo su Jeffrey Dahmer. Questo è un articolo che tratterà del trauma dell’abbandono, più specificatamente dell’ansia da separazione con cui, volente o nolente, tutti noi facciamo i conti ogni giorno anche solo dando la buonanotte al giorno che sta per finire.
Non starò qui a parlare di quanto sia bello e liberatorio lasciarsi alle spalle una giornata, una situazione negativa, del sollievo che si prova nel finalmente andare a letto e ricominciare una nuova giornata, si spera, migliore. No.
Parlerò invece di quanto sia dura dire anche solo arrivederci a una giornata, una situazione, in cui si è stati bene, in cui ci si è sentiti amati, rispettati, voluti, accettati, in cui ci si è divertiti e ci si è sentiti felici.
Sono certa che questa sensazione l’ha provata anche chi non ha avuto grossi traumi e/o disturbi nella vita. Voglio dire: chi mai desidererebbe che una situazione fenomenale finisse il più presto possibile? Arrogantemente penso: nessuno!
Ma io oggi parlerò di come la vive interiormente chi quelle “problematiche” le ha avute.
Per una persona a cui, come raccontavo nel mio articolo precedente, non è mai stato insegnato ad essere amati e/o l’amore nel suo insieme, la separazione, in generale, è una tragedia. A volte lo è anche da una giornata no, figuriamoci da una WOW.
Mi spiego meglio: dopo una brutta giornata, vuoi solo andare a letto, vuoi solo che finisca, ma qualche volta vorresti anche non risvegliarti il giorno dopo, per paura, ansia che le cose possano andare peggio del giorno precedente, vorresti finisse tutto lì nella certezza che almeno non possa succedere nulla di peggiore.
Sì, perché si ha più paura dell’ignoto che del noto, che anche se fa schifo è certo, almeno è palpabile, tangibile, lo si può affrontare e in qualche maniera controllare.
Ovviamente, è un’arma a doppio taglio, perché per lo stesso concetto, sembra la fine del mondo, della felicità e di tutto ciò che abbiamo vissuto di bello, lasciare che finisca una situazione in cui si è stati bene, molto bene. Non vorresti andare a letto mai. Metti che non lo rivivrai mai più nella vita una sensazione così appagante? Metti che quando finirà questa giornata meravigliosa le prossime saranno tutte una merda, e che non sarai mai più così felice?
Ricollegandomi al titolo, Dahmer, tra le altre, uccideva le sue vittime (una in particolare con la quale, sembrerebbe ci potessero essere dei presupposti per una relazione consenziente), a causa del suo trauma dell’abbandono e conseguente sviluppo dell’ansia da separazione.
Non voleva che quei momenti, per lui, di felicità provati con quei ragazzi, finissero, non voleva che le persone con cui era stato bene se ne andassero, anche se fossero tornate il giorno dopo, ma di questo lui non poteva esserne certo. E così (attraverso anche altre azioni indicibili e del tutto condannabili), in qualche maniera lui ha tenuto quelle persone e ciò che aveva vissuto con loro per sempre con sé.
Dunque chi da piccolo, e per buona parte della sua esistenza non si è mai sentito accettato, amato, chi è stato abbandonato, chi ha pensato che fosse colpa sua e fosse giunto alla conclusione che non meritasse nulla di buono nella vita, che non meritasse di essere amato, che non meritasse di vivere, che non meritasse una carezza, l’amicizia di una persona, il riconoscimento professionale, un premio, e che magari ha anche alimentato questi pensieri intrusivi con droghe, alcool ed eccessi di ogni genere. Si è sempre meravigliato quando per una volta, una sola nella propria esistenza gli capitasse qualcosa di bello, qualcosa che in fondo al cuore sapeva di meritare ma che si era convinto di no, perché convinto di essere sbagliato.
Beh quando finalmente arriva quel meraviglioso momento, che non sembra nemmeno realtà ma un sogno, come fai a lasciarlo andare? Come fai a separartene, o a dirgli buonanotte senza la sicurezza matematica che domani svegliandoti esista ancora e che non sia stato tutto un sogno? Come si fa a dire buonanotte al primo ti amo sincero?
A una giornata al lavoro in cui il tuo capo ti promuove e lusinga i tuoi meriti? All’aperitivo con i tuoi amici per festeggiare quella promozione? Come si fa a dare la buonanotte alla prima volta che dormi con una persona e ti senti in pace, al sicuro, ti senti che è quello il posto giusto? A dare la buonanotte a una giornata in cui la tua amica ti porta a far pet teraphy coi cavalli, i tuoi animali preferiti?
A dire arrivederci a un viaggio in una città della buchet list in cui sei stata con le tue migliori amiche? Oppure a una serata in discoteca che torni verso casa e c’è l’alba più bella che tu abbia mai visto, e vorresti semplicemente durasse per sempre? Come si fa a dire buonanotte o arrivederci, con la certezza che tutto ciò ci sarà ancora domani? Come si fa?
Certamente Dahmer, a tutte questo tipo domande non è riuscito mai a darsi una risposta, non ci ha nemmeno provato probabilmente, o non se l’è nemmeno poste. Ha invece scelto macabramente di tenere intatta la memoria di quei momenti, senza rischiare i mutamenti.
Per quello che mi riguarda e per ora, la risposta che mi do io è che lo si fa dolorosamente, sempre. A vote, la maggior parte in realtà, devo dire la verità (grazie terapia, gliene do tutti i meriti). E riesco a non catastrofizzare la cosa e tornare a casa godendomi la sensazione della mia anima riscaldata dagli eventi positivi vissuti e dalla felicità derivante, anche se velata di malinconia. Altre, la paura che tutto ciò non lo rivivrò mai più o che non sia reale ha il sopravvento e piango, riesco in un modo subdolo che attua il mio cervello a “rovinarmi” la pace dei sensi.
La buonanotte, per bisogno fisiologico, la devo dare lo stesso, sia se questa ansia da separazione l’abbia presa bene sia che l’abbia presa male.
La nota positiva è che c’è un domani e domani quando ti svegli e l’ignoto diventa noto e tutto ciò che hai vissuto è lì, stampato nella tua memoria, allora questa paura irrazionale molte volte svanisce e, se si è stati davvero bene, rimane solo quello, magari con un contorno un po’ nostalgico.
Domani quella gioia ci sarà, anche se hai provato a rovinartela, per protezione eh, mica a posta perché a stare nel dolore è più facile perché lo conosci come un fratello, come il tuo più vecchio amico d’infanzia.