Psicologia

Vivere nella consapevolezza: la causatività

Se stai leggendo questo post penso tu sappia che purtroppo spesso le cose non vanno come avresti voluto. 

Come quando sono in fila per pagare e ho solo 10 minuti di tempo ma la signora che mi precede è più lenta di un bradipo che attraversa la strada, mamma mia.

Che poi magari ho pure discusso con il mio ragazzo e per di più mia mamma continua a non darmi tregua quando sono a casa..la rabbia sale come nel film “Inside Out”, tutta d’un colpo! 

Ed ecco qua che inizio a sbuffare, la signora se ne accorge e mi sputa addosso pure la dentiera (oltre a tutta la sua rabbia rebressa), la commessa si altera e io ho sprecato le ultime energie che avevo per una discussione completamente futile.

Pensi che possa “sopravvivere” a lungo vivendo in questa modalità?

Probabilmente sì.

Ma posso “vivere” così? 

Credo proprio di no.

Riprendendo l’esempio della Signora Bradipo (sì, penso che la chiameremo così), abbiamo dedotto che:

  • la Signora Bradipo non si muove ed ho fatto tardi per colpa sua;
  • la mia situazione in casa è pessima: mamma mi urla sempre;
  • le discussioni con il mio ragazzo iniziano ad essere pesanti, lui non mi capisce.

Sono tutte fonti di stress causate da fattori esterni;

tutto mi pressa, tutto mi soffoca, non so come uscirne.

Se è vero che c’è sempre un’altra scelta, un’altra opzione, una soluzione, vuol dire che qualcosa non va, c’è un intoppo nel sistema.

Proviamo a cambiare metodo!

Utilizzo la Causatività.

Rianalizziamo i tre punti:

  • il fatto che la Signora sia lenta è un dato di fatto, ma probabilmente se io fossi uscita prima di casa non sarebbe stato un problema lasciar fare con calma una signora anziana.
  • la mia situazione in casa è complicata, ma quando mia mamma urla io come reagisco? Cerco di placare la situazione o metto benzina sul fuoco? C’è qualcosa che potrei fare o non fare per creare questi momenti spiacevoli?
  • le discussioni con il mio ragazzo sono interminabili e non mi capisce, ma io cerco di comprenderlo in maniera profonda? Mi metto nei suoi panni? C’è qualcosa che potrei migliorare del mio atteggiamento nei suoi confronti?

Questa è quella che chiamiamo “causatività”: la capacità di comprendere il principio per cui un evento (causa) genera un altro evento (effetto).

Ed è così che la maggior parte dei problemi irrisolvibili vengono risolti, o perlomeno compresi e migliorati.

Smontare gli schemi mentali, i paradigmi che ci portiamo dietro da generazioni, il “è colpa sua” è una cosa che richiede tempo; abituare la mente a pensare in un’altra maniera può portare a comprendere anche i grandi “perchè” personali ai quali non abbiamo mai risposto e soprattutto al dover accettare il dolore che tutto ciò potrebbe scaturire. Tutto ciò richiede una grande dose di forza di volontà ed il coraggio di passare il dito anche nei tagli non ancora ricuciti. 

Il che è simpatico, perchè se non passiamo in mezzo al dolore non ne usciamo, ma pur di non sentirlo lo lasciamo lì, a covare, a stagnare.

Talvolta può mancare la motivazione, a volte è più semplice scaricare la responsabilità addosso agli altri, ma se veramente vogliamo vivere meglio (nel vero senso della parola), star bene, comprendere veramente noi stessi e gli altri; personalmente credo che sia il primo passo da fare: essere causativi.

Per questo è importante porsi le “Domande Giuste”, il titolo del mio prossimo post.

«Principium cuius hinc nobis exordia sumet,

nullam rem e nihilo gigni divinitus umquam.»     (De rerum natura I, 149-150[1][2])   

«Il suo fondamento prenderà per noi l’inizio da questo:

che nulla mai si genera dal nulla per volere divino.»

Il concetto di causatività viene elaborato per la prima volta dalla scuola atomistica con Leucippo (V secolo a.C.) dal quale si può far iniziare tutta la tradizione filosofica e scientifica occidentale mirante ad una interpretazione razionale dei fenomeni naturali.

Anna Poggiali Catena