Un canto nell’oscurità di Yami
In questo articolo intervisto Yami, scrittrice di un libro horror.
Yami (conosciuta anche come Yami Yume) è una scrittrice emergente originaria della Sicilia. Ha esordito con il romanzo fantasy/horror Immagina riscuotendo un ottimo successo di pubblico e critica e si è aggiudicata diversi riconoscimenti.
Ha partecipato anche a numerosi concorsi per racconti, ottenendo la qualificazione e la pubblicazione delle opere in gara in 40 raccolte di autori vari. Successivamente ha pubblicato Black & Noir (2014), una raccolta di 11 racconti fantasy, horror e noir per la Casa Editrice Kimerik. Il bambino di latte e altre storie (2015), una raccolta di racconti fantasy e favole per ragazzi e adulti pubblicata per meriti letterari dalla Casa editrice Kimerik. In seguito alla vittoria conseguita alla “X Edizione del Premio Letterario “Granelli di Parole” – Sezione Favole”.
Nel 2022 si è aggiudicata la vittoria alla “I Edizione del Premio Letterario “Romanzi e Generi – Sezione horror”” con il romanzo “Un canto nell’oscurità”. Quest’ultimo è stato pubblicato nell’ottobre dello stesso anno da Edizioni Italiane.
“Immagina” e “Un canto nell’oscurità” sono stati annoverati tra “I 200 libri più belli d’Italia” al “Premio Letterario Tre colori – Inventa un film 2022” di Lenola.
Yami, parlaci pure del tuo libro “Un canto nell’oscurità”, una sinossi?
Fin dove sareste disposti a spingervi per vendicare la morte dei vostri cari? Quanto sareste pronti a rischiare per raggiungere l’obiettivo?
Seguendo le tracce lasciate dalla misteriosa creatura che lo ha privato dei genitori e della ragazza che amava, il venticinquenne Alex si sposta da un capo all’altro degli Stati Uniti per anni. Le ricerche lo conducono in una terra desolata, ai confini del mondo.
Stanco per l’ennesimo viaggio, trova ospitalità nell’unico edificio presente nel raggio di chilometri, una lugubre villa ottocentesca occupata dall’affascinante contessa Reed e dagli ambigui membri della sua servitù.
Sono tutti in fermento per i preparativi di una grande festa, ma sulla dimora sembra incombere un presagio sinistro. E nell’oscurità della notte Alex riconosce un canto familiare.
Una trama bellissima, puoi accennare a chi ci sta leggendo un capitolo giusto per incuriosire chi leggerà quest’articolo?
Estratto dal Capitolo 1:
Come al solito, seguendo la catena dei pensieri mi sono estraniato. Soltanto adesso che l’ho spezzata mi rendo conto della sagoma scura che è entrata nel mio campo visivo. Inchiodo bruscamente e mi volto a fissare un’immensa villa dall’aspetto fatiscente, che si erge al centro di una piccola collinetta sul lato destro della strada. Un cancelletto di legno piuttosto malandato si apre su una sassosa stradina che si snoda per circa un centinaio di metri, fino al portone principale.
La costruzione sembra molto antica. È il primo edificio in cui m’imbatto dopo aver macinato centinaia di miglia in questa parte del globo e ho l’impressione che sia anche l’unico. Avrei bisogno di una doccia e di cibo vero.
Da quaggiù la casa sembra deserta. Magari è una di quelle abitazioni abbandonate e infestate dai fantasmi. Tuttavia, l’idea di proseguire oltre e rischiare di dover passare un’altra nottata insonne in questo stretto abitacolo è una prospettiva ancor meno allettante.
«Potrei dare un’occhiata» mormoro tra me. Faccio manovra e imbocco la salita con decisione. Parcheggio il veicolo a pochi metri dai gradini dell’entrata. Scendo, tiro fuori dal portabagagli il logoro borsone grigio in cui sono conservati i miei pochi averi terreni e sulla spalla destra mi carico lo zaino dove tengo il portatile, l’agenda con i miei appunti e gli altri documenti.
Vista da vicino, la villa sembra ancora più imponente. Prima non mi ero accorto del fitto boschetto di pini che parte dall’ala sinistra e pare proseguire sul retro. Le tende sono tirate, eppure mi sembra di scorgere una luce che filtra dalle camere del primo piano. Che io sappia, i morti non hanno bisogno d’illuminazione.
È anche vero che esistono un’infinità di altre creature che potrebbero annidarsi in un luogo del genere, libere di attirare ignari viandanti e farli sparire: non c’è un’anima nel raggio di svariate miglia, nessuno verrebbe a sapere niente.
Ma, sinceramente, sono stanco di farmi continui film mentali sui potenziali pericoli che potrei incontrare. J.J. mi direbbe di smetterla di pensare sempre al peggio e di provare a rilassarmi ogni tanto.
Mi avvicino ai battenti in quercia e osservo con curiosità le teste di leone scolpite in altorilievo su ciascuna anta. Ogni felino stringe tra i denti un grosso anello di ferro. Afferro quello di destra e lo batto contro la porta. Poi infilo le mani in tasca e tendo le orecchie per cercare di cogliere eventuali rumori dall’interno della villa.
I chiavistelli scattano all’improvviso, facendomi sobbalzare, e il portone si apre scricchiolando. Prima di varcare la soglia, getto un’occhiata nell’atrio semicircolare. L’interno è illuminato unicamente da candelabri appesi alle pareti. Al centro della sala c’è una grande scalinata dello stesso legno lucido e massiccio del portone ed è coperta da un lungo tappeto di velluto rosso scuro.
La prima rampa termina su un pianerottolo sormontato da quello che sembra un enorme quadro coperto da un drappo nero. Da qui partono altre due rampe che conducono al secondo e al terzo piano, seguendo direzioni opposte: quella di destra procede sul lato ovest della villa, invece andando a sinistra si accede all’ala est.
Mentre osservo questi dettagli, nella mia mente si affaccia una domanda: Chi ha aperto?
Un lato davvero oscuro questo libro che mi incuriosisce, il tema principale?
Il romanzo, a tinte cupe, è incentrato sull’eterna contrapposizione tra luce e tenebre. Alex è un ragazzino semplice, innocente e puro, desiderato e amato dai suoi genitori ancor prima che nascesse.
Un’entità, che rappresenta l’oscurità assoluta e perennemente protesa verso la luce, come attratta da un’ancestrale desiderio di possessione, trascina Alex nelle tenebre quando lui ha solo 10 anni.
Dopo aver ucciso le persone a lui care, e avergli fatto terra bruciata attorno, gli lascia un marchio inciso nell’anima, una ferita profonda che intacca il suo spirito, il suo corpo e la sua mente, spingendolo a iniziare un gioco pericoloso.
Consumato dalla disperazione e da un lacerante desiderio di vendetta, Alex finirà col perdersi sempre di più dentro quell’oscurità che lo ha contaminato e rischierà di perdere se stesso.
L’ispirazione che hai avuto nello scrivere questo libro?
Essendo cresciuta con i racconti del mistero, dell’incubo e del terrore di E.A. Poe, sono sempre rimasta affascinata dalla complessità dell’animo umano e dall’affascinante contrasto tra fragilità e resistenza tipico della nostra natura.
Inoltre, una buona dose d’ispirazione è arrivata da anime e manga giapponesi. Dove il dualismo, il mistero e il soprannaturale la fanno spesso da padrone, mettendo in risalto proprio il modo in cui l’essere umano può tirare fuori il meglio (o il peggio) di sé. Questo quando è messo duramente alla prova da forze che tentano di soggiogarlo – e anche da serie tv come “Supernatural”.
Quest’ultima, in particolare, mi ha dato lo spunto di partenza. Credo fermamente che l’essere umano di base sia una creatura dotata di grazia, ma che purtroppo si lasci contaminare da eventi e influenze esterne che nel tempo finiscono col trascinare la maggior parte di noi nell’oblio.
Tuttavia, esistono persone che, nonostante le situazioni avverse e negative cui vengono esposte, riescono a mantenere quasi del tutto intatte quella grazia e purezza originarie ed è proprio su questo che voglio porre l’accento.
Il protagonista di “Un canto nell’oscurità” entra a contatto con un’entità che rappresenta il male assoluto in un’età in cui è abbastanza grande da aver sviluppato una coscienza di sé e delle cose del mondo, ma allo stesso tempo non ha ancora sviluppato la malizia tipica degli adulti.
Nonostante il trauma e l’orrore, Alex continua a conservare dentro di sé quel “qualcosa” che spesso viene identificato come “luce” o “fiamma” e che rende l’essere umano così speciale.
L’entità mette alla prova Alex su tutti i livelli, cercando di convertire quella luce in tenebra e farla sua. Eppure, nella sua fragilità psicologica, fisica e spirituale, Alex continua a resistere, a opporsi alle tenebre e a difendere la propria natura umana. È questa sua resistenza a renderlo unico e interessante.
Un’altra grande fonte di ispirazione è la musica. Quando scrivo una storia tendo ad ascoltare brani che hanno una melodia (e spesso anche un testo) che evoca la stessa atmosfera della scena che sto descrivendo in quel momento.
La mia scelta cade di frequente su canzoni coreane non solo perché appartengono a un genere che personalmente ritengo molto completo, poiché mescola in maniera armoniosa vari elementi del pop, del rock, della dance, del rap e dell’R&B. Ma soprattutto perché moltissime canzoni k-pop hanno concept dark e trattano temi legati al soprannaturale, al tormento, al mistero e all’oscurità. Questo crea una sorta di “ispirazione di ritorno”: a volte, infatti, mentre scrivo una scena ascoltando un determinato brano, mi capita che la melodia mi ispiri ulteriori immagini e dettagli che vanno ad aggiungersi a quello che avevo già immaginato.
Hai un modo di dire?
Non ne ho uno in particolare. Vivo continuamente di citazioni – molte delle quali dei Simpsons.
Hai mai avuto il blocco dello scrittore?
Non mi mancano le idee, le storie da raccontare o l’ispirazione in sé. Sono molto autocritica. Se non entro “in modalità” scrittura significa semplicemente che una storia non è ancora pronta perché non è maturata a sufficienza nel mio inconscio. Per cui è difficile che io inizi a scrivere qualcosa che non sia già stata ponderata a lungo e sviluppata con sicurezza.
Qualcosa che mi blocca però a volte c’è ed è la motivazione: vorrei poter condividere le storie dei miei personaggi con più facilità e raggiungere un maggior numero di persone. Ma in un paese come il nostro, in cui il mercato dei libri è saturo e la maggior parte delle grosse case editrici tende a investire su autori già noti, è molto difficile riuscire a farsi notare.
Se nonostante le difficoltà e i periodi di scoraggiamento ho continuato a creare nuovi mondi su carta è merito dei miei personaggi. In alcuni casi, quest’ultimi sono venuti a trovarmi in sogno per raccontarmi le loro vicende. Ma anche di chi si è ritrovato a leggere le mie storie e mi ha confidato di essere rimasto piacevolmente sorpreso, incoraggiandomi ad alimentare la mia vena creativa.
Consigli da dare ai futuri scrittori?
Tentare sempre ed esserne convinti: se voi per primi non credete nelle realtà e nei personaggi che create, nessun altro lo farà. Se poi non doveste riuscire a trovare un editore disposto a pubblicare il vostro lavoro non dovete considerare i limiti e i rifiuti come una sconfitta. Il tempo impiegato per creare uno scritto non è mai “perso invano”.
Scrivere ha una funzione catartica e serve innanzitutto a se stessi, per imparare a elaborare ed esternare emozioni, desideri, fantasie e bisogni.
Purtroppo siamo arrivati alla fine, ti chiedo i tuoi progetti futuri?
Quando ho scritto “Un canto nell’oscurità” non avevo intenzione di creare un seguito.
Era stato concepito sin dall’inizio come una storia autoconclusiva. Inaspettatamente, però, si è creata una sorta di connessione tra me e il protagonista. Dopo aver ultimato gli eventi narrati in “Un canto nell’oscurità”, Alex è tornato ad affacciarsi diverse volte nella mia mente. Finché non ho deciso di aprirgli di nuovo la porta e lasciarlo uscire di nuovo.
Ho scritto nuove storie che lo vedono al centro di avventure ancora più misteriose e angoscianti di quelle che ha già vissuto. Ma questa volta Alex porta con sé qualcosa di diverso che ha fatto di me, la sua creatrice, la prima fan numero uno.
Per cui spero di riuscire a far pubblicare e condividere i nuovi capitoli della sua vita con i lettori che si sono già affezionati a lui e con quelli nuovi che vorranno conoscerlo.
Alla prossima intervista ragazzi.
Maria Cantarutti