Rebel Moon, un ambizioso sforzo Sci-Fi che si perde nelle sue fonti
Nel suo ambizioso tentativo di creare una sorta di “Star Wars” personale tramite Rebel Moon, Zack Snyder si avventura nelle stesse acque da cui George Lucas ha tratto ispirazione, ma finisce per soffocarsi. La struttura eccessivamente rigida del racconto impedisce ai vari personaggi di emergere, lasciando gli interpreti a galleggiare in uno scenario che sembra più una serie di citazioni che una narrazione coerente.
Nonostante qualche trovata interessante, soprattutto dal punto di vista visivo, la messa in scena di Snyder è cinematografica. Tuttavia il suo stile potrebbe non essere di gusto per tutti. Rebel Moon, nato come parte del mondo di Star Wars, è stato successivamente emancipato da esso, ma questo cambiamento non ha portato a una narrativa più fluida o coinvolgente.
Tuttavia, Rebel Moon non riesce a trovare la sua unicità. Gli autori sembrano troppo dipendenti dalle fonti di ispirazione, attingendo pesantemente dall’immaginario di Star Wars e altre opere. La struttura a blocchi del racconto limita lo sviluppo dei personaggi, che finiscono per incarnare stereotipi piuttosto che diventare figure memorabili.
Inoltre c’è una mancanza di coesione nell’accumulo di riferimenti cinematografici e letterari. La scelta di amplificare ogni sequenza, sia dal punto di vista narrativo che visivo, contribuisce a un’esperienza che manca di ritmo e diventa monotona nel suo eccesso di spettacolarità.
In conclusione, Rebel Moon si presenta come un’operazione sterile a livello narrativo, incapace di districarsi dalle sue numerose fonti di ispirazione. Sebbene possa vantare qualche idea visiva interessante, non riesce a trasformarle in una storia coinvolgente. La volontà di Snyder di creare un nuovo Star Wars si scontra con una gestione problematica della trama e dei personaggi, lasciando poco spazio all’originalità e all’innovazione.